La Cassazione conferma il “Sistema Moggi”: dai commentatori agli arbitri, l’ex dg della Juventus esercitava uno strapotere su tutto

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Le motivazioni della Cassazione al processo su Calciopoli non lasciano spazio a dubbi. “Più che di potere si deve parlare di uno strapotere esteso anche agli ambienti giornalistici ed ai media televisivi che lo osannavano come una vera e propria autorità assoluta“, si legge nel verdetto della Suprema Corte  –  depositato oggi  –  del processo conclusosi lo scorso 23 marzo. Secondo la Cassazione Moggi è stato “l’ideatore di un sistema illecito di condizionamento delle gare del campionato 2004-2005 (e non solo di esse)“. Un “sistema” che “prende il suo nome”. Per i giudici Moggi è colpevole sia del reato di associazione per delinquere che di frode sportiva “in favore della società di appartenenza (la Juventus)“.

L’associazione per delinquere diretta da Moggi  –  spiega la Cassazione  –  “era ampiamente strutturata e capillarmente diffusa nel territorio con la piena consapevolezza per i singoli partecipi, anche in posizione di vertice (come Moggi, il Pairetto o il Mazzini), di agire in vista del condizionamento degli arbitri attraverso la formazione delle griglie considerate quale primo segmento di una condotta fraudolenta“. Secondo la Cassazione, Moggi aveva una “incontroversa abilità di penetrazione e di condizionamento dei soggetti che si interfacciavano” con lui.

Con le sue “incursioni” negli spogliatoi degli arbitri, al termine delle partite, l’ex dirigente della Juve non solo “non lesinava giudizi aspramente negativi sull’operato dei direttori di gara“, ma esercitava un “potere di interlocuzione aggressiva e minacciosa, frutto soltanto di un esercizio smodato del potere”.

L’influenza di Luciano Moggi si estendeva anche su ‘Il processo del lunedì’  –  condotta all’epoca da Aldo Biscardi  –  affinché nel corso della trasmissione sportiva specializzata “venisse espresso un giudizio tecnico favorevole”, dal commentatore ed ex arbitro Fabio Baldas, sul conto dell’arbitro Tiziano Pieri che aveva diretto Bologna-Juventus, partita molto contestata e vinta 1-0 dai bianconeri il 12 dicembre del 2004.

I tabulati telefonici dimostrano i “numerosi contatti in coincidenza con le partite per le quali era stato designato” tra l’ex arbitro internazionale Massimo De Santis e l’ex dg della Juve Luciano Moggi, “a riprova degli strettissimi rapporti tra la sudditanza e la complicità intercorrenti tra i due“. Ad avviso della Suprema Corte, l’arbitro aveva “piena consapevolezza del sistema di formazione delle griglie arbitrali“. Anche De Santis, godeva della “protezione mediatica” assicurata da Moggi.

Riguardo a Claudio Lotito, invece, la Cassazione rileva una “congerie di telefonate compromettenti” e di “prove inequivocabili” delle “pressioni” esercitate dal patron della Lazio “sul mondo arbitrale in un contesto di lotte intestine per la nomina a Presidente della Figc tra l’uscente Franco Carraro e l’aspirante emergente Giancarlo Abete” per assicurarsi il “salvataggio” della Lazio dalla retrocessione nel campionato 2004-2005. Anche per Lotito il processo si è concluso con la prescrizione, prima ancora di giungere in Cassazione, dei due episodi di frode sportiva per i quali era imputato.

La predisposizione delle griglie arbitrali era manovrata dal designatore dei direttori di gara Gian Luigi Pairetto, insieme al suo collega Paolo Bergamo, e “con la partecipazione di Luciano Moggi e Antonio Giraudo“. Lo sottolinea la Cassazione nelle motivazioni del verdetto su ‘calciopoli’ nella parte che riguardano Pairetto. In appello a suo carico gli è stato riconosciuto il ruolo di “organizzatore” del ‘sistema’ Moggi, una veste riconosciuta anche dalla Suprema Corte sebbene i reati contestati siano stati dichiarati prescritti.

Mario Scala

Il grande giornalista pone le domande giuste per far emergere ciò che altrimenti resterebbe nascosto.

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