Il Napoli torna da Lisbona con un’altra ferita aperta in una Champions League che, fin qui, sta raccontando una storia molto diversa rispetto alla continuità mostrata in campionato. La sconfitta contro il Benfica, la terza consecutiva in trasferta dopo quelle con Manchester City e PSV Eindhoven, pesa come un macigno non solo per il risultato in sé, ma per le modalità con cui è maturata: ritmo basso, idee confuse, energie ridotte all’osso e una squadra che è sembrata la controfigura di quella vista nelle ultime cinque vittorie consecutive tra Serie A, Europa e Coppa Italia.
Il big match contro la Juventus ha inevitabilmente consumato energie mentali e fisiche, mentre le 48 ore di recupero extra di cui hanno goduto i portoghesi hanno fatto il resto, in un contesto europeo dove ogni dettaglio può diventare determinante e dove troppo spesso il calcio italiano si presenta con qualche svantaggio strutturale evidenziato proprio in serate come questa.
L’avvio del Napoli non era stato dei peggiori, ma la pressione alta che aveva funzionato contro la Juve qui è apparsa incerta e disordinata, anche per merito di un Benfica brillante, dinamico, energico e capace di mettere sotto la squadra di Conte grazie al lavoro sugli esterni e alla fluidità dei movimenti di Aursnes e Sudakov. Le assenze di Lukaku, De Bruyne, Anguissa e Lobotka hanno costretto Conte a scelte obbligate e a un undici competitivo solo sulla carta: in campo gli azzurri hanno mostrato una fragilità inattesa, con Neres e Lang incapaci di incidere tra le linee e Hojlund isolato, mai realmente messo nelle condizioni di far male. Il Benfica ha sfruttato le difficoltà degli azzurri soprattutto negli spazi centrali, trovando il vantaggio con Rios dopo una serie di rimpalli e sfiorando più volte il raddoppio, mentre i numeri dell’intervallo raccontavano alla perfezione il volto del match: zero tiri nello specchio per il Napoli, dieci per i portoghesi. La ripresa ha certificato il momento complicato in Europa per i campioni d’Italia: il gol del 2-0, con Rios e Barreiro a rifinire una splendida azione costruita con semplicità disarmante, ha tagliato le gambe agli azzurri, che nemmeno con i cambi di modulo e l’ingresso di Politano e Spinazzola sono riusciti a invertire l’inerzia della partita. Conte ha provato il tutto per tutto, passando anche al 4-4-2 con Lucca accanto a Hojlund, ma il Benfica ha continuato a correre, a chiudere spazi e a ripartire con pericolosità, costringendo Milinkovic Savic a un paio di interventi decisivi per evitare un passivo ancora più pesante.
Le prossime due gare contro Copenaghen e Chelsea diventano infatti decisive: serviranno almeno quattro punti per avere un margine di tranquillità e soprattutto servirà ritrovare quella identità che sembra dissolversi ogni volta che il Napoli varca i confini nazionali. Le quote delle scommesse Champions League parlano chiaro: per gli azzurri la strada verso la finale è tutta in salita, ma la qualificazione è ancora alla portata, perché il valore della rosa, quando torneranno gli assenti e quando la condizione fisica migliorerà, resta superiore a quello delle dirette concorrenti. Lo scivolone del Da Luz sarà utile solo se diventerà un campanello d’allarme, un momento da cui ripartire con maggiore consapevolezza e con la determinazione necessaria per invertire un trend negativo che rischia di diventare un limite mentale. Adesso tutto dipende dalla reazione immediata: Conte deve stringere il gruppo, recuperare energie e presentarsi a Copenaghen con uno spirito completamente diverso. La Champions non aspetta e il Napoli questo lo sa bene: perdere ancora non è più un’opzione.
