Coronavirus, le quotazioni del petrolio ad un ribasso storico

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Coronavirus, le quotazioni del petrolio ad un ribasso storico

Il drammatico titolo usato ieri dal Wall Street Journal in apertura del suo sito non si riferiva al romanzo di Bret Easton Ellis, che raccontando i dolori dei giovani di Los Angeles negli anni Ottanta aveva definito l’era del minimalismo letterario, ma al tracollo del petrolio provocato dall’epidemia di coronavirus. La domanda è scesa così tanto, a fronte di una produzione tagliata solo con l’accordo del 12 aprile scorso, che chi estrae il greggio non sa più dove metterlo. Perciò paga chi viene a prenderselo, invece di venderlo.

Questa crisi senza precedenti storici riguarda in maniera specifica i contratti futures di maggio, e se uno progetta di vendere in autunno, il prezzo ritorna in territorio positivo. Anche così, però, il costo rimane estremamente basso, confermando una situazione di emergenza senza pari.

La pandemia ha paralizzato l’economia in tutto il mondo, e di conseguenza la domanda di petrolio è crollata. Arabia Saudita e Russia hanno litigato a lungo su come reagire, perché Riad voleva ridurre la produzione già eccessiva, mentre Mosca voleva mantenerla stabile, con l’obiettivo di danneggiare soprattutto gli Stati Uniti, che hanno bisogno di prezzi elevati per tenere in piedi l’industria più costosa delle estrazione shale. Alla fine la mediazione del presidente Trump ha sbloccato la situazione, e il 12 aprile l’Opec e la Russia hanno accettato di ridurre la produzione di 9,7 milioni di barile al giorno, a partire da maggio. Troppo tardi, però, perché il danno ormai era già stato fatto.

L’offerta ormai eccede così tanto la domanda, che i produttori non sanno più dove mettere il greggio estratto. Hanno quasi esaurito i depositi, come ad esempio quello di Cushing in Oklahoma, e anche le petroliere parcheggiate in mare senza una destinazione dove portare il loro carico si stanno esaurendo. Perciò pagano chi viene a prendersi il petrolio, invece di venderlo.

Per tutte queste ragioni ieri il West Texas Intermediate, ossia un tipo di greggio usato come benchmark negli Usa per determinare il prezzo, è precipitato a -37 dollari al barile. Non era mai successo prima nella storia. Per capire le dimensioni del collasso, basta sapere che all’inizio del 2020 il prezzo era di 60 dollari.

La situazione è chiaramente drammatica, però bisogna chiarire che il crollo riguarda in maniera specifica i contratti futures di maggio. Chi acquista lo stesso petrolio con i futures di giugno, lo deve pagare 20 dollari. Si tratta comunque di un prezzo stracciato, ma chi in questo momento ha la possibilità di comprare a -37, per poi rivendere ad almeno +20, può concludere affari strepitosi speculando sulla pandemia. La speranza, o meglio la previsione logica degli analisti, vuole che questo fenomeno chiamato “contango” sia contingente e passeggero, e quindi si torni presto alla normalità. Il brent, ad esempio, non ha subito la stessa oscillazione.

Il problema generale di fondo però rimane. La pandemia ha paralizzato l’economia, abbattendo la domanda di petrolio, e i grandi produttori sono stati lenti a reagire, tanto è vero che il taglio di 9,7 milioni di barili al giorno non è ancora entrato in vigore. Come nel caso dell’economia in generale, l’incertezza ora riguarda la rapidità del recupero dopo la crisi, ammesso che l’industria estrattiva riesca a sopportare il colpo.

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