De Laurentii-Sarri, Corbo: “C’è maretta anche quando va in scena il più grande spettacolo di calcio. Il tecnico ha un forte timore…”

Corbo

Antonio Corbo scrive sul successo degli azzurri in Torino-Napoli nel suo editoriale per Repubblica, il Graffio

La vittoria dei nuovi record è cominciata un giorno prima. Quando Sarri ha immaginato la partita. Osservava in allenamento il suo Napoli, mai così allegro e scattante, correva facile, gli riusciva tutto, ne intuiva la superiore potenza nel confronto con il Torino, come riesce solo ai veri comandanti prima delle battaglie. Ha capito che poteva finalmente liberarsi di quel cruccio che si porta dentro da mesi.

Un sabato che svela i difficili rapporti interni del Napoli. E si sa perché: teme di aver firmato il 27 maggio 2016 un accordo ambiguo. Sembrava fantastico, ebbe il doppio dell’ingaggio. Invece no. Lo considera un boomerang da quando il presidente se ne vanta in tv (), da quando il suo agente bloccato i sondaggi di altri club, dalla Roma all’Inter al Milan, da quando in Toscana gli amici e la famiglia lo sobillano. Gli fanno notare che il suo lavoro fa ricche società e squadra, guadagnano tutti di più, tranne lui, possibile? Deve rifare i conti anche lui nella sua tasca, e Sarri si irrita. Già, 700mila il primo anno, altri 2,8 milioni nel biennio fino a giugno 2018, totale 3,5. Per svincolarsi deve poi lasciarne 8 di penale al Napoli. Come dire: lavori tre anni gratis ed alla fine ci rimetti 4,5 milioni? L’ex funzionario di banca quel venerdì di fine maggio firmò a mente chiusa. Quando si dice, l’emozione.

Ma sabato no, ha reagito. Per un uomo di sinistra come lui, integralista come lui, è stato come bestemmiare in cattedrale confessando. Ieri ha tentato di mitigare, non c’è volta che non sia costretto a chiarire o ritirare frasi di impeto. Non seppe trattenersi sabato neanche il presidente, botta e risposta: promette un contratto migliore dopo aver vinto un paio di trofei in Italia e all’estero. Ormai gli attriti sono scoperti, inutile nasconderli, tra le quinte c’è maretta anche quando va in scena il più grande spettacolo italiano di calcio. Viene da chiedere prima a Sarri se proprio non poteva aspettare un paio di settimane e la fine della serie A per sbottare, poi a De Laurentiis se gli conviene parlar tanto, si ostini a trattare in piazza le vertenze con giocatori e allenatore. Ingenuo anche lui, dimentica che i tifosi gli perdonano tutto, tranne l’arte del risparmio. Una vecchia storia. Contro di lui, per fargli sborsare soldi, farebbero il tifo anche per Equitalia.

I due aspettano il primo microfono di Sky o la prima conferenza per scontrarsi. Possibile che non vi sia un minimo di diplomazia intermedia, qualcuno che riferisca? C’è tutto questo dietro la 24esima vittoria, con il Napoli che a due turni dalla fine con i 5 al Torino segna un gol più della scorsa stagione: 107. Ben 46 in trasferta, come la Juve 1949-50. Lo scudetto di Viola, Boniperti, Muccinelli, Piccinini, Bizzotto, Hansen e Praest.

Splende in atletica, ha micidiale capacità offensiva. La catena di destra supera quella di sinistra con Hysaj e Callejon. Segna Mertens con geometrica rapacità di bomber e apre la porta davanti a Insigne con magistrale assist. Hamsik è lucido, in difesa Koulibaly vale di nuovo una fortuna.

Il Torino conta 10 gol del Napoli, andata e ritorno. Un po’ se li cerca. Mihajlovic premia il Napoli gioca con due mediani non incontristi, Benassi e Baselli. Il suo spensierato 4-2-3-1 non si oppone a Jorginho fonte di gioco con Ljajic o Belotti, l’asse verticale di centro, né protegge le fasce lasciando Zappacosta e Molinaro sotto le fruste di Insigne e Callejon. L’inferiorità tattica non limita, esalta la prova del Napoli. La freschezza atletica gli dà sicurezza nel palleggio in velocità, precisione nei triangoli stretti, costante dominio della partita. Crolla anche un “ma”. Produce bel gioco “ma”, si dice questo? Gelida allusione ai punti persi con i più deboli Palermo, Pescara, Sassuolo. A Torino il Napoli cancella anche un luogo comune. Nel suo gioco la bellezza è finalmente pari alla forza d’urto.