La lezione di Benitez: Nella vita non bisogna mai mollare

BENITEZ02«Attacco, ergo sum». Ovvero: chi non prova sempre a segnare, quasi non esiste. Il filosofo dell’offensivismo costi quel che costi, dei 99 gol in una sola stagione, del modulo che non si tocca mai anche a costo di qualche rimonta di troppo, al cospetto degli studenti della terza edizione del Premio Vico, si è ritrovato a essere un po’ Cartesio e un po’ Eduardo. E, ovviamente, un po’ anche Giambattista Vico. In realtà, tutto sembra Rafa Benitez tranne che un filosofo. Anche se per quasi 40 minuti ha distribuito pillole di saggezza. Neppure fosse al cospetto di Higuain e Callejon.
Ha stupito un po’ tutti Benitez che ha lasciato la cravatta a bordo campo e davanti agli studenti ha scelto un look più giovanile e meno pesante del solito. Una volta in cattedra, nel dipartimento di Studi Umanistici della Federico II, il tecnico di Madrid si è scatenato. Si è sentito a suoi agio per essere tornato alle origini quando insegnava educazione fisica nelle scuole della capitale castigliana e ai tempi in cui era docente di «Soccer» al Camp dell’Università di Davis negli Usa. Ci sa fare, Rafa. Parla bene il linguaggio dei ragazzi, non solo quelli che allena ma anche quelli che studiano Vico. In realtà, non è che sarebbe uno dei migliori seguaci del pensiero vichiano: non è che quest’anno, infatti, ha mostrato di aver compreso tanto bene la faccenda dei «corsi e ricorsi storici», forse la teoria più nota di Vico, visto i tanti punti che il Napoli ha perso quasi sempre in fotocopia in questo campionato. «Invece Vico sarebbe fiero di lui – chiarisce il professor Fabrizio Lomonaco – perché mette in pratica la sua teoria che nulla si improvvisa ma tutto si costruisce. Esattamente come fa Benitez nel calcio».
La lezione di Rafa è apprezzata davvero tanto. Da tutti. Professori compresi: da Gaetano Manfredi, prorettore dell’Università Federico II ad Arturo De Vivo, direttore del dipartimento di Studi umanistici; da Fabrizio Lomonaco, ordinario di Storia della filosofia a Claudia Megale dell’Università di Napoli. «Lo abbiamo invitato perché lui non è solo un allenatore ma soprattutto un educatore. E poi come Vico lui ha la capacità di guardare ai fatti, di stare nelle realtà più di tanti altri».
Da calciatore che non ha mai scritto pagine epiche e lo racconta ai ragazzi. «Questo non significa che bisogna mollare perché nella vita non bisogna mai farlo: vince chi è più motivato, chi ha più voglia, chi ha maggiore determinazione e chi più di tutti è convinto del proprio valore». Frasi che fanno capire perché a Valencia lo chiamavano «el cura», il prete.
Alla Federico II mostra i sui modi raffinati di un docente, la meticolosità di un entomologo. Spiega che ogni suo allenamento è un’autopsia di situazioni di gioco, fatto di mille fogli. Lancia un monito. «Dovete vincere qui, nella vostra città, la vostra partita. Non dovete andarvene. Perché Napoli ha bisogno di quelli come voi, di ragazzi vincenti». Eduardo, il grande Eduardo, disse il contrario: «Fuitevenne», urlò. A questo 53enne che viene dalla Spagna, che non alza mai i toni, non ostenta la propria bravura, e se qualcuno lo stuzzica su argomenti scivolosi, risponde svicolando, il compito di dire il contrario. «Vi ricordate la rimonta del mio Liverpool contro il Milan? Avevo creato un gruppo che non si arrendeva mai. Quello che dovete fare voi nella vita»

Fonte:ilmattino

Antimo Panfilo

Ti criticheranno sempre, parleranno male di te e sarà difficile che incontri qualcuno al quale tu possa piacere cosi come sei! Quindi vivi, fai quello che ti dice il cuore, la vita è come un opera di teatro, che non ha prove iniziali: canta, balla, ridi e vivi intensamente ogni giorno della tua vita prima che l’opera finisca senza applausi…

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