SALERNITANA – Ultrà incontrano la squadra

carrafiello

Salerno, si sa, è una piazza umorale, ma anche molto matura: al di là dei risultati, quello che interessa alla gente è vedere una squadra attaccata alla maglia e che viva l’esperienza calcistica salernitana con rispetto, serietà, abnegazione e dando priorità su tutto alla casacca che indossa. Un calciatore che gioca all’Arechi deve ritenersi a prescindere fortunato ed è doveroso da parte di tutti mostrare in campo uno spirito combattivo che, al momento, è quasi sempre mancato. Quanto emerso ieri al campo “Volpe” durante la contestazione di una cinquantina di persone innamorate, ma estremamente deluse va proprio in questa direzione: la tifoseria, prima ancora dei risultati, vuole impegno e magliette sudate dal primo al novantesimo e non giocatori che recitino il ruolo di “primadonna” senza aver ancora dimostrato nulla. In pochissimi hanno concentrato le proprie attenzioni sulla partita di Cesena, i più hanno chiesto alla squadra di essere degna di una tifoseria che, anche la scorsa settimana, ha portato quasi 250 persone in trasferta in giorni ed orari proibitivi. Chi mette mano al portafoglio e paga per assistere a spettacoli ad ora indecorosi ha tutto il diritto di esprimere la propria opinione: con civiltà, certo, ma con toni duri che si spera possano destare dal torpore alcuni calciatori ad ora non pervenuti. Il discorso fatto a Pestrin- apparso molto sorpreso e per certi aspetti dispiaciuto- è emblematico: “Ormai conosci Salerno: come vi portiamo in cielo, così vi riportiamo sulla terra. L’anno scorso avete dato il massimo, ora è un altro campionato e ci dobbiamo assolutamente salvare. Hai fatto un errore grave sabato scorso, sei il capitano e devi dare l’esempio: così non va, questa e Salerno e cercate di meritare il nostro rispetto”.

Per far capire quanto Salerno si possa considerare piazza matura ed intelligente riportiamo alla mente quanto accaduto nel 2011-12, quando la Salernitana del prossimo avversario Ragusa fu amata alla follia pur essendo sull’orlo del fallimento. I risultati? No, ma un enorme e smisurato attaccamento alla maglia di un gruppo che resterà sempre nella storia calcistica cittadina e che giocò gratis per quasi un anno versando lacrime sincere all’indomani dell’amara sconfitta play off col Verona. Anche l’anno scorso la gente seppe apprezzare la Salernitana di Menichini per il grande spirito di squadra: lo spogliatoio era granitico, la squadra rimontava partite apparentemente impossibili, se un calciatore sbagliava ce n’erano altri 10 che correvano il doppio per aiutarlo, Lanzaro scese in campo con un lutto tremendo, Mendicino quasi rischiò la vita per vincere un contrasto con un portiere avversario, giovani e più esperti combattevano su ogni pallone e su ogni campo compensando limiti tattici con uno spirito di gruppo notevole e che fece emozionare la gente. Questa Salernitana, al di là dell’aspetto tecnico, umanamente trasmette poco: i calciatori si mandano a quel paese in campo, i presunti colpi di mercato non corrono ed assumono un atteggiamento supponente, i portieri quasi si spaventano per il confronto con dieci persone (figurarsi con quale serenità giocano con un muro di seimila persone alle spalle). Chi c’era l’anno scorso trasmetta ai nuovi il senso di attaccamento alla maglia ed alla città, quella stessa città che li ha portati in trionfo per due mesi e che ora non riconosce più gli artefici di quella magnifica cavalcata.

Fonte; Tmw

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