Zone di confine – Il vuoto normativo discrimina tanti italiani

zone di confine

I congiunti che vivono nelle zone di confine non hanno ancora la possibilità di incontrarsi.

Il vuoto normativo che riguarda le zone di confine ha lasciato la situazione invariata, per tanti italiani non è cambiato ancora nulla.

I primi sintomi dell’allentamento delle misure restrittive hanno dato una boccata di ossigeno ad alcuni esercizi commerciali ed a tutte quelle persone che sono state finalmente autorizzate a potersi spostare per far visita ai familiari, questo è lo scenario che gli italiani hanno atteso circa due mesi ma, per una parte della popolazione non solo non è cambiato nulla ma, paradossalmente, sono stati beffati dalle riaperture, gli italiani che vivono lungo le linee di confine regionali. Alcuni si ritrovano ad infrangere la legge nel caso in cui percorrano i pochi chilometri che li separano da una madre ma ad essere perfettamente in regola se quello stesso percorso le intraprendono per andare a lavorare in un’altra regione. C’è senza dubbio un vuoto normativo per le zone di confine per le quali estendere quindi per 10-15 il concetto di Regione, in termini di raggio di chilometri dal confine,  avrebbe potuto consentire alcuni spostamenti, ad ogni modo autorizzati per lavoro, ed evitare notevole malcontento tra i cittadini. La situazione è ancora più contorta se poniamo l’attenzione ai cittadini che vivono sul confine italo-svizzero.

Iscritti all’AIRE

La Svizzera consente il rientro ai residenti senza particolari formalità nei confronti delle autorità sanitarie. Lo Stato italiano non consente invece l’ingresso a meno che non si tratti di casi di urgenza assoluta per i quali è ad ogni modo previsto l’autoisolamento in casa per le successive due settimane dall’ingresso con obbligo di denuncia all’ASL di competenza. L’eccezione riguarda i documentati motivi di lavoro, questi ultimi vengono autorizzati per un periodo di 72 ore per le quali è possibile chiedere una proroga di ulteriori 48 ore per un totale massimo quindi di 5 giorni. Non fanno parte di queste restrizioni gli equipaggi per il trasporto di passeggeri e merci, i sanitari ed i transfrontalieri. Cosa può fare chi è iscritto all’AIRE (Anagrafe Italiani Residenti all’Estero) e potrebbe recarsi in visita a parenti in Italia nelle zone di confine e non? Beh è proprio questa la categoria che sembra essere più colpita; anche se vivono in una località vicino alla frontiera, gli italiani residenti in Svizzera con un permesso B o C non possono entrare in Italia senza un’urgenza assoluta che, in quanto tale, andrebbe comunque documentata. A questi italiani è precluso quindi anche l’accesso per comprovate esigenze lavorative. Tra i due paesi non sono stati siglati accordi che toccano questa casistica. I confini, inoltre, non sono a linee dritte, come quelli degli U.S.A per intenderci, ma hanno molteplici conformazioni. Alcune zone dei due Stati sono vicinissime non solo dal punto di vista chilometrico ma anche da quello naturale, basti pensare alle cittadine che si affacciano sul Lago Maggiore. Allo stato attuale delle normative, una persona iscritta all’AIRE che vive in queste zone, può vedere un congiunto della zona di Luino, ad esempio, solo con il binocolo e non inteso in senso figurato. Siamo all’assurdo.

Congiunti

A peggiorare la situazione è la mancata legislazione nei confronti delle coppie non riconosciute legalmente, li potremmo definire gli esclusi tra gli esclusi. Su questo tema l’Italia è corsa ai ripari appena il giorno prima dell’uscita del D.P.C.M. specificando che, tra i congiunti, sono compresi anche i legami affettivi stabili, non dimostrabili con documentazione ma con la classica autocertificazione. In Svizzera questa categoria di legame non è stata contemplata, ci sono quindi donne italiane prossime al parto che, stando alla legge, non avranno il proprio compagno vicino nel momento più importante per una madre. La problematica è stata portata all’attenzione della Camera dei Deputati da tre membri appartenenti alla Lega Nord impegnando di fatto il Governo ad adottare misure che consentano la temporanea presenza, e non la quarantena, per gli italiani residenti all’estero che potranno così incontrati i proprio cari.

Rabbia social

Un recente post su Facebook del Ministro degli Esteri Luigi Di Maio, nel quale viene ostentata la ripartenza dell’Italia, è stato bersaglio degli haters che hanno messo in risalto quanto sia evidente il mancato utilizzo di uguali misure per tutti e l’assoluta mancanza di considerazione nei confronti di chi vive nelle zone lungo il confine, regionale o nazionale che sia. L’urlo degli italiani che commentano il post è corale: “E per i congiunti fuori regione?” Oltre a lamentarsi per il mancato arrivo delle quote della cassa integrazione, gli italiani pretendono che ci siano uguali diritti per tutti e non rende assolutamente onore ad un Paese civile che ci siano categorie di cittadini che vengano totalmente dimenticate, escluse dai provvedimenti normativi e talvolta, come se non bastasse, ne vengono addirittura penalizzati senza reali e “comprovati motivi”. La rabbia dei cittadini viene messa ancor di più a dura prova nell’ascoltare che ci sono persone che sono partite dalle zone più contagiate verso il Sud e che ci sono condannati sottoposti al regime del 41 bis che hanno potuto addirittura lasciare il carcere. C’è una domanda ancora senza risposta. “Scusate, ma noi?”

Mario Scala

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