22 giugno 1986 – 30 anni dopo la “Mano de Dios” l’arbitro del match rivela: “Ecco cosa mi ha detto Diego”

30 anni doipo la Mano de Dios parla l’arbitro africano che commise l’errore durante Argentina-Inghilterra

Il 22 giugno 1986 è una data a cui corrisponde una storia calcistica mondiale. Fu il giorno della “Mano de Dios” e del gol più bello della storia del calcio. E il tutto ad opera di un solo grandissimo campione: Diego Armando Maradona. Il match era Argentina-Inghilterra, quarti di finale di Messico 86 quando El Pibe de Oro, allora capitano del Napoli e della Seleccion, appose la sua firma in calce sulla pagina di storia più bella e controversa del cacio mondiale.

A narrare quel giorno, in una intervista pubblicata dall’edizione odierna de La Gazzetta dello Sport, è stato proprio l’arbitro di quell’incontro Ali Bin Nasser. Ecco quanto evidenziato dalla nostra redazione: “Ricordo perfettamente quella giornata, quelle scene le ho riviste mille volte. Volete sapere come è andata? Vi dico subito che non fu colpa mia. In quel Mondiale gli assistenti non erano considerati come adesso, l’arbitro doveva decide­re su tutto. La Fifa ci aveva consigliato di prendere in considerazione la decisione del guardali­nee qualore fosse stato meglio piazzato e l’arbi­tro non aveva visto. Avevo dei dubbi, ma ho vi­sto il guardalinee bulgaro Dotchev correre verso il centro­campo e ho dovuto adeguarmi. Lo stesso ha poi scaricato tutta la colpa su di me? Ho preso 9,4 su 10 nel voto del­ la Commissione tecnica della Fi­fa: hanno detto che io, l’africa­no, avevo seguito le consegne al­la lettera. Non bisogna aggiugere altro, anche lui è stato fregato dalla mano di Shilton. Da allora ci siamo scritti: per anni diceva la verità, ammetteva che la responsabilità era la sua. Poi nel tempo ha cambiato idea, ma so­no sicuro che non sia stato con­dizionato dal fatto che di mezzo c’era Maradona: aveva personalità sufficiente. Vi rivelo un segreto: se avessi avuto come collaboratori dei giovani assistenti, mi sarei fida­to della mia sensazione e della mia esperienza. Avrei deciso di annullare. E magari non ci sa­rebbe stato il secondo gol. In ogni caso, io ho continuato a fa­re l’arbitro ad alti livelli: sono stato per dieci anni il miglior fi­schietto del mio continente, ho fatto tre finali di Coppa d’Africa. E anche dopo, ho avuto diversi ruoli nella federazione tunisina e nella Caf.

Maradona l’ho rivisto lo scorso anno. Era a Tunisi, mi ha addirittura chiamato “amico eterno”. Ab­biamo parlato di calcio e, ovviamente, di quella partita storica. Gli ho detto che se l’Argentina al­la fine è diventata campione, lo doveva soltanto a lui, a Marado­na. Mi ha risposto dicendo che la sua seconda rete, il gol del seco­lo, è invece merito mio: non ho fischiato subito, non ho fermato la sua avanzata. Se all’epoca mi sentii preso in giro da lui? Forse all’inizio, ma poi ho per­ donato: in fondo è parte del gioco. Di quella partita ricordo an­che il caldo: 42 gradi all’ombra. Quando l’Inghilterra ha accor­ciato, ho pensato: “Ora mi tocca un’altra mezzora…”. Ma ero pronto, stavo dominando il ma­tch, avevo il controllo della partita: quel mio modo di arbitrare ha fatto persino scuola. Lo slalom del 2-0? Parlo da appassionato di calcio e non da arbitro: è stato un privi­legio essere lì, fare parte di quel momento. La storia non si can­cella. Quando Diego si avvicina­ va verso l’area, pensavo solo: “Poveri inglesi, poveri difensori, ora li salta tutti”. Era davvero ca­pace di ogni cosa. Ho arbitrato tanti grandi gioca­tori, ma nessuno è come lui. Og­gi ci sono più spazi: Messi e gli altri del Barcellona sono magni­fici, ma io scelgo sempre Mara­dona. Per quello che rappresen­ta e per come rivoltava da solo una partita. Gli arbitri di oggi? Ormai è tutto un business, il calcio è una industria: si arbitra meglio, certo, si fanno meno er­rori, ma è impossibile pensare di azzerarli del tutto mettendo più soldi. Il calcio è un fatto umano, sbaglieremo sempre”.

Carmine Gallucci

360 gradi è l'angolazione minima con cui osservo il mondo. Twitter: @CarmineGallucci

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