Corbo: “Esplose tutte le mine che Ancelotti si è lasciato dietro. Da ieri Insigne è ufficialmente un caso spinoso”

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Antonio Corbo commenta la sconfitta del Napoli contro l’Atalanta nel suo editoriale per Repubblica ‘Il Graffio’:

“Sembra la vittoria più facile. Il Napoli indovinava tutto, volava in verticale, sprecava gol con l’incoscienza di un ricco ubriaco alla roulette. È diventata nel giro di un’ora la sconfitta più subdola. Perché sono esplose tutte quelle mine che Ancelotti si è lasciato con colpevole ottimismo sotto la panchina. L’esclusione di Insigne era apparsa la scelta migliore, per il gol di Mertens e la sua prova di sfrontata allegria. Fuori della formazione, ignorato nella ripresa a vantaggio di Younes e Verdi, Insigne da ieri è ufficialmente un caso molto spinoso.

La preparazione atletica, cambiata quest’anno e affidata ad un giovane (Mauri) con la credenziale di un padre stimato da Ancelotti, ha dato inquietanti ma trascurati segnali di allarme. Ed ieri, dopo un pressing vigoroso nel primo tempo, il Napoli nell’ultima mezz’ora è sparito dal campo, trascinato nel baratro da Fabian Ruiz, prima brillante nella posizione di sinistra, poi ombra di se stesso mentre su quel versante cambiava la partita creando buon calcio quel genietto irrequieto di Ilicic. Ma in questo cupo lunedì di primavera in burrasca, che segna un punto di confine tra campionato e futuro, si è rivelato il rischio nascosto di due mercati incompleti. Quello estivo ha portato a Napoli un indecifrabile Verdi, in un ruolo che conta ora due discreti comprimari come Ounas e Younes. Quello invernale che ha sottratto Hamsik e Rog, in posizioni incerta di dolente gregariato, ma senza che la società cercare dei sostituti a centrocampo.

Tutto questo si è svolto con l’assenso di Ancelotti. L’allenatore rimane pluridecorato e apprezzabile per il suo sapere ma deve purtroppo assumersi delle responsabilità. Almeno tre. È stato temerario quando puntando sul suo talento nella gestione di grandi squadre ha visto il Napoli si Sarri, gli è piaciuto, si convinto che facendo giocare tutti e meglio potesse elevare il già alto rendimento della squadra, a pieno organico, anche in campo internazionale. Non c’erano campioni, forse gli sono sembrati quando per dinamiche mandate a memoria ripetevano possesso palla e triangoli. A gennaio non ha chiesto di potenziare una squadra che davvero filava ritenendo che fossero invulnerabili i migliori, da Albiol all’atteso Ghoulam.

Oltre l’eccellente girone di Champions, il secondo posto attuale deriva da quel Napoli, dalle modifiche di Ancelotti, dalla sua creativa gestione. Si è però fidato delle buone stelle e dello staff di preparatori che ancora non ha spiegato, neanche in qualche intervista social, come mai tanti malanni muscolari si siano registrati quest’anno, al contrario del passato. Anche lo staff sanitario deve giustificare le recidive alla spalla di Chiriches, ieri ennesimo stop, e perché il difensore rumeno non sia stato mai affidato al migliore specialista ortopedico sulla spalla, che da qualche tempo opera proprio nella clinica attigua al villaggio di Castel Volturno. Poteva guarirlo solo affacciandosi alla finestra.

Le tensioni interne sono frequenti nei club, qui sono state ben nascoste, ma il crollo fisico di ieri e la resa all’Atalanta sono la stazione finale. Tutti a terra, fine del viaggio, fuori i conti. Il caso Insigne è il primo da chiudere. Che Mertens abbia reso più di lui negli ultimi tempi, che i suoi atteggiamenti siano sopra le righe, che i suoi progetti con l’agente Raiola siano nebulosi, è nei fatti. Ma che Insigne sia un talento da non sprecare, è almeno augurabile. Tocca al presidente intervenire. Programmare un altro ciclo. Non bastano soldi e acquisti, l’ossessione dei tifosi. Ma rifare del Napoli un vero club. Idee chiare nelle cessioni prima che negli arrivi, valutazione dei collaboratori, aldilà di parentele, amicizie, alleanze”.

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