L’edizione odierna de ‘Il Corriere dello Sport’ scrive su Insigne e i mugugni:
“«Why always me?» avrebbe scritto Mario Balotelli, sistemando il proprio torace scultoreo in mezzo al campo, tirandosi su la maglietta e ponendosi ad uso e consumo di fotografi e telecamere, perché con un clic e uno zoom lo lasciassero al centro dell’universo. E mentre ora sui social si scatenano le interpretazioni più ampie, più vaghe, ma anche più sconcertanti su un labiale e una mimica assai chiara, a Lorenzino Insigne, lo scugnizzo di Frattamaggiore, dev’essere semplicemente passato per la testa lo stesso, identico concetto: «Ma ce l’avete ancora con me?».
GIRO DI NERVI. E intanto però è stato come lanciare un fiammifero (acceso) nella tanica di benzina e ciò che rimane del San Paolo, di quel pomeriggio (apparente) d’un giorno da cani, è l’eco distinta di uno schiamazzo a cielo aperto: sono volati di nuovo gli stracci, ed era già successo, il 19 agosto del 2014, nel momento in cui s’ebbe percezione che lo spareggio di Champions stesse per indirizzarsi verso Bilbao. Fu pure quella volta tutta colpa di una parabola, il classico tiro che diventa l’estasi (spesso) e talvolta si trasforma in tormento popolare, inducendo uno stadio (anzi parte di uno stadio) a sfogare la propria insofferenza, ignorando che là in mezzo c’è anche altro, per esempio adrenalina e acido lattico che, mischiandosi, creano una esplosione fragorosa.
IN MINO VERITAS. Ma stavolta nella insalatiera ci finisce il timore, il sospetto, il retropensiero che stia per arrivare un mal di pancia: e la storia del calcio ne è piena. E’ successo, eccome, a Zlatan Ibrahimovic e poi è capitato a Paul Pogba e recentemente a Gigio Donnarumma, esponenti di un «casato», la Raiola dinasty, nel quale Lorenzo Insigne, a meno di «giuridiche» sorprese, entrerà nella primavera del 2019, il 14 aprile per l’esattezza, quando scadrà il mandato dei suoi agenti d’infanzia – Antonio Ottaviano, Fabio Andreotti e Franco Della Monica, la Doa management – altrimenti da liquidare in anticipo e dietro una penale che più robusta non si può.
SCHIZZI D’IRA. E’ successo tutto rovinosamente così in fretta, e in maniera non esattamente elegante sul finire di Napoli-Chievo, e quella verbosità intraducibile e una espressione invece limpidissima ha avuto l’effetto che ne verrebbe lasciando scivolare una tazza di fango nel ventilatore. Le domande, a quel punto, nascono spontanee, ben al di là del contesto generale, delle dinamiche che scatenano gli episodi, delle scariche elettriche di tensione d’una partita, d’un sogno che sta per svanire e che impedisce di controllare se stesso, come pure sarebbe necessario: e se invece quel gesto fosse «soltanto» il primo inquietante segnale di un malessere che sta germogliando in uno scugnizzo, al quale viene concesso di intravedere (?) palcoscenici ulteriormente prestigiosi e poi lontani dallo stress di una vita da «profeta in patria»? Why always Insigne?”.