Esclusiva FA – T. Pieri (ex arbitro): “La moviola in campo potrebbe essere un’arma a doppio taglio”

TIZIANO PIERI 558877La Redazione di ForzAzzurri.Net ha contattato in esclusiva l’ex arbitro Tiziano Pieri, finito ingiustamente nel calderone di “Calciopoli”. Le accuse, che in seguito si sono rivelate infondate, di fatto, non gli hanno permesso di continuare la brillante carriera nel mondo arbitrale. La tenacia nel proclamare la sua innocenza, il suo orgoglio che mai si è piegato al facile escamotage del patteggiamento, hanno vinto e a distanza di tanti anni è stato assolto per non aver commesso i fatti. Questa vittoria giuridica non gli risarcirà mai tutto quello che ha dovuto patire in questi lunghi anni, ai sogni rinunciati di una brillante carriera arbitrale, però dev’essere fiero di aver dimostrato quanto sia forte e brillante l’UOMO Tiziano.

Lei ha dovuto abbandonare la carriera da arbitro a soli 35 anni per presunta frode sportiva. Alla fine di tutta questa brutta storia si sente di più un uomo libero o una vittima?

“Sinceramente non mi sono mai sentito una vittima. Libero lo sono sempre stato, diciamo che la risposta migliore può essere meno impegnato sportivamente parlando (ride, ndr). Al di là delle battute, credo che la risposta più giusta sia ‘abbandonato dal mondo del calcio’”.

Ha rinunciato alla prescrizione pur di dimostrare la sua innocenza. Pensa che altri avrebbero avuto il suo coraggio?

“Onestamente non posso rispondere per gli altri. Dimostrazione ne è il fatto che altri arbitri nel secondo grado di giudizio lo hanno fatto allo stesso modo e, purtroppo, sono stati condannati. I giudici sono come gli arbitri, possono sbagliare. Io ho rinunciato sempre, in ogni grado di giudizio, in tutte le sedi, perché non sono mai scappato, non ho mai abitato a Calciopoli. Sono andato sempre a testa alta, con rispetto verso i giudici di tutte le sedi, anche se probabilmente a livello sportivo di me non hanno avuto rispetto, per come lo hanno gestito. Non voglio passare per buonista ma c’è da dire che non è nemmeno facile fare un processo in tempi così brevi per chi deve giudicare. Questo non vuole giustificare una Federcalcio che ha sbagliato nel gestire in maniera così veloce la faccenda. I giudici a quel punto hanno dovuto prendere una decisione frettolosa, proprio come un arbitro che è chiamato a decidere in un secondo e magari sbaglia”.

Nel calcio le pressioni più difficili da gestire sono quelle che arrivano dalla stampa o dal “palazzo”?

“In verità io non ho mai ricevuto pressioni dal palazzo, se per palazzo si intende i vari Carraro o Abete. Le avverti dal momento in cui ti arriva una designazione in una partita importante, però la tensione aumenta solo quando sei meno esperto. E’ ovvio, più arbitravo e più mi sentivo sicuro. Il mio esordio è stato Fiorentina–Atalanta e per me la prima partita in Serie A è stata sconvolgente. È stato come arbitrare un Real Madrid – Barcellona. E’ normale, quindi, che un arbitro più acquisisce esperienze e più riesce a reggerle, anche quando la stampa in determinanti momenti è abile ad accendere la miccia delle polemiche riportando aneddoti storici ed episodi precedenti. Il bravo arbitro è colui che riesce a fare un reset mentale delle partite precedenti, devi sempre ripartire da zero. La differenza tra arbitro e calciatore è che un arbitro non può permettersi di sbagliare due partite di fila mentre al calciatore basta fare un gol per diventare un idolo”.

Ha mai portato rancore verso un calciatore che nella gara precedente l’aveva indotto in errore con una simulazione o magari le aveva mancato di rispetto aggredendola verbalmente? Per intenderci come Totti fece con Rizzoli?

“Io ricevevo tante critiche dall’AIA perché in campo ero un arbitro che dialogava molto con i calciatori. Di conseguenza ho sempre preferito chiarire con i vari calciatori confrontandoci in quel momento. Quindi non ho mai portato astio nei confronti del calciatore e verso un episodio in particolare. L’unico episodio che forse mi ricordo fu con Paci che simulò di aver ricevuto una gomitata e mi fece espellere Toni. Sbagliai io ovviamente perché dalla mia visuale vidi una gomitata che, di fatto, non avvenne. A Paci gli chiesi di dirmi la verità poiché notai che sul suo volto non c’era alcuna ferita ma lui mentendo tradì la mia buona fede. Ricordo che due giorni dopo la gara fui chiamato dal giudice sportivo Giampaolo Tosel per discutere di quell’episodio. Gli dissi che in campo avevo visto la gomitata che poi avevo sanzionato mentre guardando la televisione avevo notato che la verità era un’altra. Quindi il giudice sportivo squalificò Paci per due giornate per aver simulato mentre a Toni fu tolta la squalifica. Quello fu il primo caso di prova televisiva usata a discolpa per un giocatore ingiustamente espulso”.

Qual è lo stato di salute della classe arbitrale italiana attualmente?

“Attualmente viene da un periodo post Calciopoli che ha spazzato via una classe arbitrale molto esperta e ha dovuto ricostruire. In questi sette anni ha saputo, in qualche modo, rigenerarsi grazie alla gestione Collina e a quella di Braschi che hanno tirato fuori arbitri affidabili come Doveri, come Calvarese, ma soprattutto come Massa. Comunque un lavoro è stato fatto, meglio o peggio, ma col livello medio che c’è, hanno arbitrato fin troppo bene. Non sono fenomeni e non lo saranno mai, così come potevo non esserlo io. Il mio ideale di arbitro era Braschi. Fermo restando Rizzoli, che rimane un grande arbitro, adesso se fossi io il designatore, i miei preferiti sarebbero Orsato e Rocchi. Comunque io non porto rancore verso la classe arbitrale”.

Come si spiega il diverso metro di giudizio tenuto da Rizzoli quando arbitra in Italia rispetto a quando dirige in campo internazionale? Sembra quasi che in Italia soffra della cosiddetta sudditanza psicologica.

“Rizzoli commette errori ma non credo che sia per quello e spiego il perché. Mediamente in Serie A Rizzoli arbitra una ventina di partite l’anno mentre all’estero quattro/cinque. Quindi, ci sono una quindicina gare di differenza sotto la lente d’ingrandimento. Gli arbitri italiani godono di un grandissimo rispetto all’estero, anzi di grande stima e la dimostrazione ne è stata la prima designazione importante nel mondiale in Brasile: Spagna–Olanda è stata assegnata a Rizzoli. Quindi Rizzoli non è che si trasforma, ma arbitrare in Italia è molto più difficile che arbitrare all’estero non perché le partite sono diverse, ma perché non c’è il rapporto col calciatore. Il rapporto col calciatore all’estero, per il problema della lingua, è basato al minimo, sulla spiegazione del fallo e nient’altro. Non c’è la protesta, non c’è l’episodio che riporta la polemica come succede in Italia, perché mediamente in Serie A riarbitri la stessa squadra quattro volte e se hai avuto un mezzo episodio dubbio, tutti te lo fanno presente. Ricordo che nel 2003 ci fu da parte dei designatori l’input della tolleranza zero per le trattenute in area di rigore. Iniziammo a fischiare più rigori, ma a livello mediatico ci ammazzarono. Il problema dell’arbitraggio è l’uniformità di giudizio, ci sono alcuni molto fiscali e altri invece più permissivi. Ci sono arbitri bravi e quelli meno bravi. In Italia gli arbitri per eccesso di zelo cercano di interpretare l’azione fallosa e di interpretare di più la causa e l’effetto della trattenuta. Questo tipo di ragionamento, forse, è l’errore maggiore degli arbitri italiani. Gli arbitri esteri sono notarili, arrivano e fischiano quello che vedono, è molto più scolastico come arbitraggio. Gli arbitri italiani non sono i migliori al mondo, ma la ‘scuola arbitrale italiana’, per tradizione, è la migliore al mondo. Sicuramente i Rizzoli e gli Orsato sono tra i migliori al mondo. Ad esempio, posso garantire che i tanto osannati Webb e Kuipers in Italia farebbero fatica e verrebbero massacrati alla stregua dei nostri arbitri”.

A volte gli arbitri sbagliano perché non trattano i calciatori allo stesso modo. Ad esempio c’è differenza nel giudicare un fallo commesso da un Chiellini o da un Glik. Non crede che debbano equiparare i falli commessi indifferentemente dalla maglia indossata dal giocatore?

“Questo è l’errore più grave che possa commettere un arbitro. Quello di non essere daltonico e quello di non essere uguale con tutti. Qui credo che sia non tanto un problema di classe arbitrale italiana quanto di personalità. Ci sono arbitri stranieri, italiani, persone che cambiano il loro comportamento in base all’importanza della persona che hanno di fronte. L’atteggiamento tenuto con un politico famoso sarà diverso da quello tenuto con una persona normale, ma questa è la vita. Ci sono arbitri che si comportano con i calciatori in maniera diversa perché non hanno personalità o perché sono giovani o timorosi, ma se si parla di arbitri esperti come Orsato e Rocchi vedrete che il metro di giudizio è identico con tutti. Per costruire un arbitro ci vogliono anni, due minuti per distruggerlo. Lo stesso Rizzoli ancora oggi si porta dietro quello sciagurato episodio con Totti, perché sbagliò e lui è il primo a dirlo, però, in campo si sentono tante parole e l’arbitro a volte deve far finta di non ascoltare altrimenti se applica il regolamento alla lettera, resta da solo. All’arbitro gli viene chiesto di essere psicologo, intelligente quando pare a qualcuno. Ogni anno si cerca di migliorare introducendo nuove regole, a volte si sbaglia perché l’applicazione della stessa non è uniforme tra gli arbitri e non riescono ad applicare queste nuove disposizioni in modo corretto. Il problema è che nessuno difende gli arbitri ed è comodo che siano loro i capri espiatori. L’arbitro non può difendersi perché non può parlare con nessuno, la classe dirigente arbitrale non si espone perché hanno paura di essere fatti a fette e la FIGC interviene raramente. In tutto questo, le Società hanno interesse ad incolpare gli arbitri per distogliere le attenzioni o le colpe. Ovviamente, i giornali cavalcano queste polemiche”.   

Perché le istituzioni del calcio non sono favorevoli alla moviola in campo?

Io sono sempre stato favorevole ad un aiuto tecnologico perché toglie delle responsabilità all’arbitro, poi si può chiamare moviola in campo, line gol technology (sistema inaugurato ai mondiali per avere la certezza dei gol/no gol, ndr), ecc. Nessun arbitro si è mai sognato di volere più potere, anzi sono molto più contenti sapendo che c’è qualcuno che può correggere un loro errore. Ogni cosa ha i suoi tempi, credo che sarà inevitabile che la tecnologia entri a supporto dei direttori di gara, nonostante il pensiero contrario di Platini. Inoltre, anche gli altri sport sono passati all’aiuto tecnologico, come il tennis, il rugby, il basket ecc. Ma c’è un rovescio della medaglia in tutto questo. Immagina cosa succederebbe se gli arbitri chiamati a decidere su un episodio dubbio non riuscissero ad essere concordi. Si griderebbe allo scandalo, all’arbitro in malafede ecc. Credo comunque che i tempi siano maturi affinché possa essere valutato positivamente l’aiuto tecnologico.

Se lei potesse tornare indietro, farebbe le stesse scelte?

Per quanto riguarda gli errori commessi in campo no, per tutto il resto, assolutamente sì. Non devo rimproverarmi di nulla, anzi forse qualcuno dovrebbe chiedermi scusa. In tutti i miei anni di carriera, ho sempre rispettato le regole, rifarei tutto. Sono contento di quello che ho fatto, mi dispiace solo che sia rimasto incompiuto un percorso entusiasmante nello sport della mia vita.

Fabio Sorrentino

Fabio Sorrentino

Il Napoli è la mia unica fede

View all posts by Fabio Sorrentino →