La maglia senza stemma federale: una storia tutta Argentina

La maglia senza stemma federale: una storia che ha fatto grande l’Argentina

 

I mondiali di calcio raccontano fatti che restano scolpiti negli annali. Ci sono maglie, bandiere e colori che fanno la storia di una squadra, di un paese, di una Nazione.

Nella sua gloriosa storia, l’Argentina ha vinto due Mondiali e disputato cinque finali. Per uno strano scherzo del destino e di sorteggi sfavorevoli, le finali perse le ha giocate tutte “fuori casa” vestendo, per una questione cromatica, una maglia di un colore diverso dal tradizionale bianco-celeste.

Messico ’86 – Questa è la straordinaria storia della seconda maglia della Nazionale che fu di Maradona perché, nonostante le delusioni per quelle finali perse, la seconda divisa argentina viene sempre considerata dal popolo come il simbolo della rivincita contro gli inglesi; la storia delle Malvinas e la corsa dell’aquilone cosmico, per buttare fuori dal mondiale la Nazionale dei Tre Leoni, è intrisa di un solo colore.

Nel mondiale messicano, le partite si svolsero tutte alle ore 12 e alle ore 16. Il sole cocente, i prati fumeggianti, gli spettatori ammassati sulle gradinate…Caldo. L’Argentina, dopo la qualificazione ottenuta a braccetto con l’Italia nel girone,  doveva affrontare l’Uruguay agli ottavi. La seleccion scese in campo, per la prima volta in quel torneo, con la seconda maglia ufficiale. La fatica in mezzo al “recinto” verde cocente fu tanta e la gara fu molto equilibrata. Alla fine, Pasculli riuscì a mandare l’albiceleste ai quarti di finale.

E, ai quarti, ad attendere Diego e Co. c’era la tanto odiata Inghilterra.

Quella partita segnò la storia di tutto il Mondiale, della mano de Dios e della corsa di Maradona che si concluse col pallone in rete per il gol più bello del secolo.

In quel match, però, ci fu una storia nella storia: la maglia blù.

La partita era programmata alle ore 12 e l’Argentina doveva scendere in campo con quella insopportabile e fastidiosissima seconda maglia di cotone grosso, stretta e soffocante al collo e che, sotto i 40 gradi messicani e con il sudore, sarebbe diventata pesantissima addosso. La partita contro l’Uruguay aveva decretato un pensiero: la maglia non era per niente adatta alle temperature di quel periodo messicano.

“I miei non scenderanno mai più in campo con queste maglie”, il CT Bilardo ne aveva ben ragione. Era difficile mantenere certi ritmi partita con un handicap simile sulle spalle. E c’era l’Inghilterra da affrontare.

Lo sponsor tecnico Le Coq Sportif aveva studiato il rinnovamento del tessuto sulla tradizionale maglia a strisce bianco-celesti e  non aveva esteso la conoscenza tessile per la maglia di riserva, la maglia blù.

 

 

 

 

Bilardo era stato chiaro e il magazziniere Moschella si ritrovò a dover far capo a quell’emergenza. Tre giorni prima, partì per Città del Messico e, per negozi sportivi del posto, si mise alla ricerca di una maglia che più somigliasse a quella ufficiale con un elemento imprescindibile: il “galletto francese” dello sponsor tecnico. Missione compiuta! Moschella fece ritorno con la maglia blù di un tessuto più leggero: “Que linda esta camiseta. Con esta le ganamos a Inglaterra”  la profezia di Diego.

Un team di esperti di una squadra messicana, il Club America, conoscenti del CT Bilardo, si radunarono per la realizzazione dei loghi federali. Lo stemma “AFA” su sfondo giallo non venne “impreziosito” con i rami d’alloro. Tempo non ce ne era. I numeri vennero stirati sopra il dorso della maglia ma non avevano lo stesso font di quella ufficiale; erano più “voluminosi” e di un colore più argentato, prodotti in realtà per maglie da football americano. La Fifa approvò tutto.

 

 

 

Il 22 giugno 1986 si face la storia.

I mondiali messicani dell’86 conobbero, in quella partita passata alla storia, la “mano de dios”, il pallone incollato al piede del più grande di sempre, uno stemma federale, senza le sue ufficiali “ali d’alloro”, cucito sul petto di quella maglia e la rivincita di una Nazione. Tutto questo su uno sfondo blù… Il blù argentino.

 

Antonio De Nigro

 

 

 

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