Conferenza stampa di Spalletti per Empoli-Napoli
Ultime notizie Serie A – Conferenza stampa di Luciano Spalletti tecnico dei partenopei, alla vigilia di Empoli-Napoli. Le dichiarazioni del tecnico dalla sala stampa di Castel Volturno.
Conferenza stampa Spalletti:
“Ho appena appreso della scomparsa di Costanzo. Sono molto dispiaciuto, perché è un uomo della televisione, molto importante per tutto ciò che ha fatto: sono vicino al dolore della famiglia”.
Empoli-Napoli? “Il Napoli mi sembra abbia fatto dei passi in avanti importanti in questo tipo di sconfitte, perché anche l’anno scorso dopo quella sconfitta ad Empoli facemmo bene a fine stagione. Poi per il futuro, la lettura e la gestione di situazioni simili mi è sembrato siano state ammortizzate bene. Sicuramente è una partita delicatissima, per quel che è la loro precisa geometria tattica: noi dovremo esser bravi a dilatare la loro compattezza tattica. Loro hanno un modo di giocare che viene da lontano, sanno stare in campo benissimo: hanno calciatori forti, fortissimi! Tipo Vicario, che ormai ne parlano tutti, Parisi, Baldanzi: calciatori che noi ci troveremo il prossimo anno nelle grandi squadre, a confrontarsi per classifiche importanti. E già adesso sanno come comportarsi in campo. Poi c’è Luperto che ha qualità ed esperienza, ne conosciamo la qualità: è andato via perché aveva la necessità di giocare con continuità, è stato con noi e lo conosciamo bene. Partita difficile, dobbiamo essere bravi a meccanizzare bene nella testa l’importanza di queste partite, di non considerare altre cose. Ha mai fatto il fabbro lei? Io sì, quando si ha gli occhiali da fabbro di lato non si vede niente: ad un metro non si vede niente. Quindi vedi solo dinanzi a te. Tutti con gli occhiali da fabbro a vedere ciò che abbiamo davanti, perché ne abbiamo bisogno”.
Inizio ad Empoli della carriera e il traguardo della carriera? “Io sono partito da Empoli e sono molto grato ad Empoli, anzi: vi dico che lì si fa bene calcio, ci sono tanti spunti di come fare calcio in futuro. E io son stato avvantaggiato a lavorare in quella società lì, con quella impostazione lì, vissuta per 4-5 anni. Sette con quelli da calciatore. Venti con quelli da tifoso dell’Empoli quando andavo a vedere le partite. Sicuramente ho avuto un beneficio che mi son portato dietro. Poi strada facendo si fanno nuove esperienze e uno cerca di farne un uso corretto, per fare passi successivi ancora più importanti. L’esperienza è la possibilità di accorgersi quel che di bello hai davanti, senza essere presuntuoso di sapere già tutto. Quindi il mio percorso è stato fatto di queste attenzioni qui. E della fortuna di aver trovato calciatori forti, molto forti, che mi han permesso di andare ad allenare in squadre importanti come il Napoli”.
“Giocatori da gestire dopo 3 trasferte in 8 giorni? Le trasferte di solito determinano sempre stanchezza e fatica, io conosco solo un modo per andare a rimetterla a posto: quello di riposarsi. Per cui gli abbiam dato un giorno di recupero totale dopo Francoforte: potevamo farli allenare, ma riportarli nello spogliatoio era come rivivere una cosa di tutti i giorni. Poi abbiamo dei preparatori molto bravi, che sanno benissimo andare ad indicarmi il carico da fare negli allenamenti successivi. Che sono distanze, anche se poi bisogna sempre ripetere qualcosa che va ad assomigliare ciò che avviene in campo. Però distanze e a che velocità le devi fare fan la differenza per carico fisico e mentale: si fa in modo tale che dal punto di vista dell’impostazione non si vada ad addizionare fatica. Nessun calciatore quando si vincono partite così, sono dei massaggi alla testa oltre che ai muscoli. Funziona più del massaggio di un professionista, ecco! Stanno tutti abbastanza bene: è chiaro che poi si cerca di andare a scegliere meglio possibile anche se per me non è facile. Perché di dubbi ne ho sempre molti per la qualità di calciatori che ho.
Aggettivi per il mio Napoli? Quello di non fare confusione su lavoro e scaramanzia: si parla tanto di scaramanzia, no! Perché è il lavoro e ciò che abbiamo davanti quel che dobbiamo fare. Senza pensare ad altre cose. Poi se c’è chi vuole comprare pasticcini e spumante, noi se non c’è un compleanno di qualcuno come oggi che è il compleanno di Rrahmani non si mangiano pasticcini! Si lavora in maniera seria e corretta: la partita che si diceva prima dell’Empoli dell’anno scorso ci ha distrutto il lavoro di un anno intero. Proprio per quanto riguarda la forza e l’equilibrio oltre che della maturità della squadra. Quella fu brutta, potevamo andare sul 3-0 un paio di volte, poi l’abbiamo persa da ultimo in pochi minuti: quelle partite diventano devastanti per la squadra, abbiamo sofferto tantissimo. Per cui senza camera d’aria, gomme piene e via: partita difficile! Io capisco che voi a volte facciate fatica ad interpretare la difficoltà di questa partita o di gare simili. Ma non dobbiamo farlo: se voi veniste in questo ruolo, sarebbe più facile accorgersi di tutto. Sarei più comprensivo, senza andare a fare giochi di scaramanzia. Che scaramanzia: noi vogliamo vincere per dare più soddisfazioni possibili a questa città! Sentiamo l’amore, la vicinanza, le sensazioni dell’amore infinito dei napoletani per questi colori. Non bisogna commettere il minimo errore. Non permetteremo che dall’euforia si arrivi alla presunzione: sarebbe la fine della crescita personale”.
Napoli modello per il calcio italiano? “Si, è chiaro che non so se possa diventare un modello da cui ci si può prendere. Quel che dev’essere la nostra impostazione è quella lì: giocare un buon calcio perché questo assomiglia alle nostre caratteristiche. Per fare più risultati possibili. Leggo i complimenti, sicuramente fanno piacere. Giocare sempre senza grosso turnover? Quello diventa un po’ l’impostazione di come si comincia: dipende soprattutto da che squadra si ha. Se si ha calciatori forti è diverso. Poi le valutazioni van fatte lì per lì: quando hai a che fare con Di Lorenzo, cosa vai a cercare? Finché lui fa vedere le stesse cose, è inutile andare a trovare sostituti. Come Osimhen, che quando ti sembra morto all’ottantesimo strappa cento metri in apnea per recuperare palla o per concludere. In una gara in casa fece una corsa a fine gara per recuperare una palla fuori l’area nostra. Lui è disponibile, ha sentimento per la squadra, per l’aiuto. Sono elementi che sono extra, sono super e a quello bisogna farci attenzione: questi sono differenti, non uguali agli altri. Poi ci son calciatori che invece dopo 3-4 partite han bisogno di recuperare, perché il motore non è potentissimo. E han bisogno di una pausa. Ma se hai calciatori forti, è meglio se stan bene tutti e due: arriverà il momento che se non è Di Lorenzo o Osimhen, abbassa il suo livello. Anche Lobotka, ha preso possesso di quel che dev’essere. Per cui quelle son valutazioni che van fatte pian piano, strada facendo. Sei lì, li guardi e ti accorgi se ha bisogno di riposare o arriva lì e risfiamma un’altra volta queste sparate dove diventa il marchio di quel calciatore. Anche se poi dovremmo farlo riposare, qualche volta!
Quando uno viene ad allenarsi ed è dritto con la schiena, con lo sguardo normale, tranquillo e sereno. E poi ci son quelli che chiedono qualcosa: io non devo dare niente, tu devi sempre dare qualcosa. Non viceversa. Metti una maglia di una squadra importante come il Napoli, hai la fortuna di esibirti dando un segnale a quelli che ti guardano. Soprattutto i bambini che sono la cosa più importante di questo sport”.
Anguissa? “Io non mi devo spiegare tutto, io vado guardo e prendo quel che buono mi passa davanti. Sul fatto di Lobo, perché spesso si è fatto il suo esempio, io son fortunato perché lo conoscevo e volevo prenderlo già all’Inter. Me lo segnalò Alessandro Pane, che faceva il centrocampista e fu mio collaboratore. Ha allenato in B e in C. E me lo segnalò, ricordo che venne e si cercava questa possibilità. Poi ci si fece giocare Brozovic in quella posizione lì. Tentammo di prenderlo, ma non potevamo spendere i soldi che ci presero. Per cui quando sono arrivato qui sapevo benissimo chi era Lobotka. Di solito funziona così: il direttore fa i nomi o ascoltano se faccio qualche nome. Qui c’è Beccaccioli che ne conosce tantissimi di giocatori, a volte parla con Giuntoli e qualche nome lo fa anche lui. Poi il direttore fa i nomi che ha lui nel taccuino, si vanno a guardare. Di lui non ce n’è stato bisogno, lo conoscevo già. Pane mi disse: ‘Guarda questo qui, perché secondo me è bravo!’. A me garbava fare un complimento a Lobotka. Anguissa è un’altra di quelle situazioni di cui parlavamo prima: è un extra-large per comportamento! Fortissimo. Va a fare sovrapposizione in bandierina sopra al tornante, butta palla dentro per il cross, si perde palla e ripartono, lui te lo ritrovi a difendere il contropiede. Ha un raggio d’azione incredibile, lo fa con forza e continuità senza sosta”.
Le emozioni del premio Bearzot? “Un premio importantissimo, che mi inorgoglisce per quello che è stato il personaggio, per quello che ha insegnato come comportamento e calcio. Averlo a casa mia mi fa sentire più forte”.
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