Il Mattino – Napoli, debutto amaro per Gabriel. Errore che pesa su una stagione intera

L’edizione odierna de Il Mattino scrive sul grave errore del portiere del Napoli, Gabriel in Udinese-Napoli

Senhor Gabriel, gli chiederanno tra cinquant’anni, si ricorda ancora quella volta a Udine quando un suo errore ha messo la parola fine all’inseguimento più spericolato dello storia della serie A? Un attimo di gelo, poi lui scuoterà la testa, sentirà una fitta allo stomaco, infine sarà costretto a rievocare la papera: al 45′ del primo tempo, sull’1-1 controlla una palla semplice, lui non aveva neppure intenzione di avventurarsi in un dribbling. La controlla semplicemente male, il pallone gli scappa come se all’improvviso fosse più incontrollabile di un supersantos. Poi dopo, in piena confusione, invece di fare retromarcia, insegue Zapata neppure fosse uno di quei cartoni animati giapponesi dove le partite durano giorni interi e i campi sono lunghi chilometri. E Fernandes segna in rovesciata, facendosi perdonare quell’errore dal dischetto del calcio di rigore, intorno al 25 minuto, quando era stato Gabriel a pareggiare i conti e a risorgere.

Ma la vita felice di Gabriel fugge via velocemente. E dura esattamente da quando para il rigore di Fernandes fino a quando compie la più incredibile delle papere, quella che costringe il Napoli ad alzare la bandiera bianca. La sua prima volta in campionato con il Napoli è un appuntamento da brividi, indimenticabile: anche sul primo penalty era stato beffato con un tiro che gli era passato sotto la pancia e che non gli aveva fatto fare proprio una bella figura. Poi il riscatto, temporaneo, quando ha parato il secondo calcio dal dischetto intuendo che questa volta il portoghese Fernandes avrebbe cambiato l’angolo. Già, per l’ex ragazzo del Cruzeiro che in Brasile è diventato famoso proprio per aver parato due rigori alla Spagna nel Mondiale Under 20 nel 2011 ai quarti di finale è una domenica spettrale. Due rigori contro. Quando era a Carpi gli andò persino peggio: a Brescia gliene fischiarono tre. E Caracciolo li trasformò tutti e tre.

Ha saputo la mattina verso le 10 che avrebbe giocato. «No, non ce la faccio». Non ha avuto bisogno neppure di arrivare allo stadio, Pepe Reina. Ha atteso il risveglio, il momento in cui ha messo piede a terra e ha capito: «Il polpaccio mi fa male, ho paura che giocando la situazione possa peggiorare». Doveva decidere lui, e lo ha fatto. Ha stretto i denti per due giorni e quando ha deciso di partire lo stesso per Udine, l’ottimismo ha preso il sopravvento. Ma anche lui si è dovuto fermare ai box perché non è Superman, anche se gli somiglia. In realtà è venuto qui perché da leader, da campione vero, voleva stare assieme alla squadra nonostante il dolore e la sensazione che non ce l’avrebbe fatta a scendere in campo. Ma rimanere a Napoli, no. Non era questa la domenica per starsene lontano. Perché lui è l’altro Sarri, l’unico dello spogliatoio che può parlare davanti a tutti anche di questione tecniche.

E così all’ora di pranzo per la prima volta è scoccata l’ora di Gabriel in campionato. Una tragedia. Tre presenze in azzurro quest’anno ma tutte in Europa League per questo gigante di 1,90 cm che a tanti ricorda un altro spilungone brasiliano: Dida. Scherzi del destino: Gabriel Vascancelos Ferreira ha bagnato il suo debutto in serie A proprio contro l’Udinese, quando era al Milan. Era il 19 ottobre del 2013, Abbiati era infortunato e Allegri scelse lui. Giocò sette gare quell’anno. L’ultima il 19 dicembre all’Olimpico. Poi tornò al suo posto, tra le riserve. Quello che dovrà tornare a fare da domenica prossima. Contro il Verona rientrerà Reina, che ieri dopo un’amara partita in panchina ha così twittato: «Non si molla mai. Sette finali fino alla fine. Sette gare a testa alta».

Carmine Gallucci

360 gradi è l'angolazione minima con cui osservo il mondo. Twitter: @CarmineGallucci

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