Mimmo Carratelli: “Si gioca e Amen ma il calcio dovrebbe fare di più”

Il Roma, tramite la firma di Mimmo Carratelli, evoca un calcio più attivo e responsabile:

“Si gioca con un altro morto alle spalle, la violenza che non si ferma, le curve di un tifo incappucciato, un razzismo profondo e sbandierato, norme e leggi non applicate per contenere il peggio e dissuadere gli aggressori, i violenti, i provocatori, autentiche bande, mercoledì sera, con una precisa identità territoriale. I tifosi napoletani assaliti a Milano passano in sottofondo sui media. Da vittime non hanno importanza. Avrebbero avuto rilievo eclatante se fossero stati gli aggressori. Anche questo è razzismo. Milano chiede scusa, ma sono tutti attenti a distinguere, precisare, vagliare. A Milano c’è stato un vero agguato armato milanese ai tifosi azzurri. Milano “vicino all’Europa”, ma non così innocente come la si vuol far passare. “Non si affitta a meridionali” l’hanno inventato le civili città del Nord. Il calcio fa poco. Sarebbe stato bello, ma nel regno dei sogni, se i giocatori dell’Inter avessero solidarizzato con Koulibaly sul campo, fermandosi. Mazzoleni è a fine carriera, un arbitro decotto. Non sa decidere. Un debole, non un prevenuto. Il calcio può e deve fare di più. La migliore proposta è che sia il calcio a intervenire contro violenza e razzismo difendendo se stesso. Sia l’arbitro a decidere la sospensione delle partite “inquinate” dagli insulti razziali senza lavarsene le mani, demandando la decisione al responsabile del servizio d’ordine in campo. Mazzoleni avrebbe riscattato un’intera carriera chiacchierata se avesse fermato la partita di Milano. Contro la procura federale, che si è pronunciata per la sospensione della partita di San Siro dopo i ripetuti ululati contro Koulibaly, gli arbitri hanno replicato con arrogante spirito di casta in difesa della loro opinabile indipendenza. Una autentica gaffe del presidente dell’Aia Marcello Nicchi, uomo fuori dal tempo, legato a un’epoca di sudditanza che il Var sta scuotendo nonostante la resistenza dei “fischietti” più legati allo stesso passato di potere scoperchiato da Calciopoli. Amen, si gioca. Il Napoli riprende la corsa dietro la Juve, ricacciato dietro di nove punti. Serve subito un segnale positivo per cancellare il rischio di una resa psicologica. Ancelotti ha avvertito il rischio ripristinando il ritiro pre-partita che non era in programma. Il presidente è lontano, in America. Parlarsi chiaro escludendo alibi, guardarsi negli occhi. Il Bologna gioca per la salvezza. E’ una formazione debole, col penultimo attacco del campionato e l’allenatore più che in bilico, ma ha una motivazione precisa, un traguardo concreto, tirarsi fuori dalla zona-retrocessione. Terzultimo a tre punti dalla linea di galleggiamento. Il 3-5-2 di Pippo Inzaghi promette barricate al San Paolo, ma se la squadra non segna (da tre partite a secco, due gol nelle ultime sei gare) l’impresa-salvezza è ardua. Palacio ha classe ma anche 36 anni, Mattia Destro è l’eterno cannoniere a polveri asciutte. Il Napoli, fra squalifiche (Koulibaly e Insigne) e infortuni (Hamsik) giocherà stavolta forzatamente con una formazione nuova e diversa. La difesa non dovrebbe soffrire l’assenza di Koulibaly contro un avversario che ha segnato 13 gol in diciotto partite. A centrocampo l’indisponibilità di Hamsik è più pesante perché nella “rosa” non c’è un giocatore che abbia la visione di gioco e le qualità tecniche di Marek (e sarà un problema, nel futuro neanche lontano, identificare e assicurarsi un campione al suo posto). In attacco, la squalifica di Insigne elimina ogni dubbio, giocano Mertens e Milik. La condizione di forma del gruppo non è la più brillante, ma battersi vigorosamente sarà necessario. Dopo il giro di tre partite in otto giorni, il campionato andrà in vacanza sino al 19 gennaio. La tirata delle tre partite, fuori dalla fasulla suggestione del Boxing Day, è un’altra assurdità di un calendario pensato male e gestito peggio. Non è per fare i nostalgici di un passato più ordinato ed equilibrato, ma questi strappi incidono nella regolarità del torneo. Si gioca e amen. Per un po’ saremo tranquilli, aiuta anche la sosta. Alla ripresa, vedremo a che punto saremo con le storture e la violenza che accompagnano un campionato che è giù brutto di suo, non per il legittimo predominio della Juventus, ma il gioco modesto che si vede in giro. In nome del risultato si chiede di tornare alla marcatura a uomo, al vecchio catenaccio italiano, come se fosse la soluzione. Siamo dei veri pasticcioni. Catenaccio o tiki-taka, la squadra debole rimarrà sempre debole. E’ la tecnica in campo che comanda al di là dei moduli. Il Napoli non è cambiato dopo avere scelto la strada della “concretezza” dopo l’abbuffata del “bel gioco”. L’anno scorso il Napoli era campione d’inverno, un punto davanti alla Juve, sei sull’Inter. Coltivò un sogno. Ora è lontano nove punti dalla Juve e ha l’Inter che pressa a cinque lunghezze. Non è per fare raffronti, un cambiamento era indispensabile dopo l’esaurimento di energie e sogni dei titolarissimi. Però, questa è la realtà.”

Mario Scala

Il grande giornalista pone le domande giuste per far emergere ciò che altrimenti resterebbe nascosto.

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