Re Sarri, i cavalieri azzurri e l’insostenibile leggerezza della rosa…

La bruciante sconfitta contro il Feyenoord, che condanna il Napoli a lasciare la Champions, grazie anche alla contemporanea battuta d’arresto degli uomini di quel furbacchione di Guardiola, è tutta racchiusa nell’espressione inebetita e incredula dei tantissimi tifosi azzurri presenti allo stadio di Rotterdam. Gli entusiasti cuori partenopei erano straconvinti che il Napoli avesse fatto un sol boccone dei coreografici olandesi, confidando oltre ogni misura, nelle doti taumaturgiche del fascinoso San Pep, unite alle promesse di vittoria, spifferate ai quattro venti.

Una sconfitta amara, pesante, imprevedibile. Ma se analizziamo il cammino azzurro nel girone di Champions, non sono affatto le due sconfitte col City, compagine leader in Premier League e in Europa, a pesare come un macigno sulla definitiva eliminazione. La spada di Damocle che ha condannato gli azzurri facendone ruzzolare il cammino senza più appello è l’aver cominciato malissimo il girone, perdendo in casa degli ucraini dello Shakhtar.

C’è un aspetto che oramai mister Sarri non potrà non valutare e risolvere: Il Napoli è stanco nei suoi principali interpreti. Il calo psico-fisico è evidente e iniziava a manifestarsi anche molto prima del big match contra la vecchia signora. La squadra ha cominciato a giocare partite vere a Ferragosto ed era inevitabile che iniziasse a pagare dazio, soprattutto perché il tecnico toscano ha quasi sempre puntato le sue carte sui cosiddetti titolarissimi. Sul rettangolo verde di Rotterdam, nonostante la presenza in campo di parte della bella gioventù partenopea (Zielinski e Diawara dal primo minuto) regnava sovrana nelle file dei cavalieri di re Sarri, un’apatia strisciante figlia di una scarsa lucidità e un preoccupante logorio di mente e di gambe. Albiol sempre in ritardo e in evidente difficoltà sui gol subiti, Mario Rui non ancora in grado di dare il suo contributo a sinistra e un Hysai assolutamente in imbarazzo sulla corsia mancina. In attacco poi, dopo l’infortunio di Milik e in attesa dell’arrivo del fenicottero Inglese, Mertens è costretto inevitabilmente a giocarle tutte. Ma il folletto belga inizia ad accusare il colpo:  smarrita quasi nel nulla la caratteristica esplosività delle gambe e lo scatto bruciante e letale degli ultimi metri che tramortisce le difese avversarie. Stessa sorte per gli altri due estrosi piccoletti. Il Magnifico costretto ai box per l’inevitabile tagliando dopo 60 partite giocate e lo spagnolo Callejon, non più capace di scatto, brillantezza e verve sulla catena di destra.

Discorso a parte merita la questione Marek Hamsik diventato il grande punto interrogativo di questa squadra. La sua sembra oramai quasi una involuzione che parte da inizio stagione. Una pesante stanchezza fisica e mentale che mortifica le sue prestazioni, trasformandolo quasi nell’ombra di se stesso. E’ certamente impossibile mettere in discussione le straordinarie qualità dello slovacco, diventato nel tempo sempre più leader di questa squadra. Ma adesso serve coraggio e determinazione nelle scelte: è indispensabile, una buona volta per tutte, che il capitano possa in tutta serenità ricaricare le pile accomodandosi in panchina al fianco di Sarri.

Il presente e il futuro del Napoli si chiama campionato. La chance scudetto ora più che mai è concreta dopo anni di delusioni e vani assalti. I preoccupanti mancati introiti della Champions non dovranno in nessun modo influenzare il mercato azzurro se realmente si vuole focalizzare l’obiettivo sulla conquista del campionato. Adesso la palla passa al presidente De Laurentiis perché il mercato di gennaio mai come quest’anno, sarà decisivo per dare nuova linfa, entusiasmo e forza ai cavalieri azzurri di re Sarri.

Raffaele Ariola