Tutta la storia del centrocampista del Napoli Amadou Diawara raccontata dall’edizione napoletana di Repubblica
La qualità non ha età. Sembrerebbe quasi il titolo di un film. Diretto ed interpretato da Amadou Diawara. Ciak si gira, dunque: il talento del Napoli ha mostrato di saperci fare dietro la “macchina da presa”. Le inquadrature iniziali sono dedicate alla sua infanzia a Conakry, in Guinea, dove la passione per il calcio è fulminante. Un amore contrastato e vissuto di nascosto dai genitori che per lui sognano un altro avvenire. Il ragazzo Amadou gioca grazie alla complicità della sorella Sira (gli compra lei le scarpette) e comincia a farsi vedere sui campetti. Neanche un ceffone del padre, quando scopre le velleità del figlio, lo ferma: Diawara sta già seguendo il copione del predestinato. Poi c’è l’Italia. Amadou vi arriva con un bagaglio povero di vestiti, ma carico di belle speranze.
Il provino alla Pantaleo Corvino Academy è illuminante, l’agente di allora (adesso lo assiste l’avvocato Daniele Piraino) lo porta al San Marino nel 2014. Nel “film” della sua vita, il trasferimento al Bologna di Corvino e l’ultimo campionato disputato da titolare, infine il primo piano del centro tecnico di Castel Volturno, la casa sportiva di Diawara (quella vera è a Posillipo) che, al termine di un’estate tormentata, sceglie il Napoli a 19 anni per diventare finalmente grande. Numero 42 sulle spalle in onore del suo idolo Yaya Tourè e idee chiare. L’obiettivo è quello di stupire.
Diawara è il regista perfetto del calcio moderno: impatto fisico ma anche piedi morbidi per impostare l’azione in verticale. La velocità di pensiero è l’altra sua dote. Un mese in anticamera, poi il debutto al San Paolo contro il Besiktas, salutato da un’autentica ovazione del pubblico di Fuorigrotta. Il resto è storia nota. Diawara brucia le tappe con la sfrontatezza tipica dei campioni. “Gioca la Champions come se fosse la partitella del giovedì”, le parole di Sarri assomigliano ad un’investitura. La mediana del Napoli comincia a diventare il suo regno: titolare contro Lazio, Juventus, due sfide ad alto coefficiente di difficoltà affrontate con la brillantezza necessaria per vincere il ballottaggio con Jorginho, fino a quel momento attore protagonista del meccanismo di Sarri.
Diawara non ha intenzione di fermarsi. Tanta sostanza e pochi fronzoli, la miscela è quella giusta. L’atteggiamento baldanzoso in campo non coincide con quello esibito nella vita di tutti i giorni. Entra in uno spogliatoio di campioni in punta di piedi: look sobrio e grande voglia di imparare durante gli allenamenti, dove è quasi un osservato speciale. Sarri gli chiede meno irruenza e maggiore ordine tattico. Diamante grezzo, del resto, si nasce, ma gioiello dall’inestimabile valore si diventa. In Guinea la complicità della sorella e i ceffoni del padre che sognava un lavoro “normale”