Contatti Maradona-Giuliano, il nipote: “Vi racconto come conobbe la mia famiglia”

Maradona genio e sregolatezza. La sua vita privata spesso non ha fatto il paio con quella del fuoriclasse.

Tantissime le vicende controverse che spesso hanno offuscato il suo straordinario talento. Tra queste c’è anche l’amicizia con i boss della camorra appartenenti alla famiglia Giuliano.

Luigi Giuliano, nipote di Carmine e Raffaele, con cui Diego ha diverse foto, ha rilasciato un’intervista in merito a Il Messaggero:

“Non dimenticherò mai la notte in cui conobbi Maradona. Arrivò nella casa di mio zio, Luigi Giuliano, quando lui era in carcere e il palazzetto di vico Pace a Forcella era abitato da un altro dei miei zii, Carmine, che vi passava la latitanza. Al piano terra c’era una grande sala con un biliardo. Diego entrò, prese una boccia e se la mise sul piede. La palla rotava su se stessa e non cadeva. Restammo muti, poi Carmine lo abbracciò e gli disse: Sei un mostro. Lo toccava in continuazione e continuava a ripetere Sei un mostro, sei un mostro. Ma Maradona, invece, era Dio”.

“Carmine Giuliano era un patito del Napoli e chiese a un capotifoso di fargli incontrare Maradona. Era passata mezzanotte e noi ragazzi armati presidiavamo il quartiere per controllare che non ci fosse la polizia in giro. Ma Maradona è Maradona e io non volevo perderlo, perciò ogni tanto lasciavo il posto di guardia ed entravo nel palazzetto dove si svolgeva la festa. Lui, il nostro mito, era lì e rideva, scherzava con tutti. Mio zio gli stava accanto, lo abbracciava continuamente. Parlavano tra di loro, credo che discutessero soprattutto di pallone. E poi bevevano champagne. E ridevano, ridevano tanto”.

Sulla cocaina:

“Credo che mio fratello ne avesse portata una busta, era un po’ come lo champagne, ravvivava la festa. Ma Maradona non era venuto a Forcella per quello. No. Lui era venuto per noi, era venuto perché noi glielo avevamo chiesto. Io credo che non si fosse assolutamente domandato se fosse giusto o meno andare da un camorrista, da un latitante. Lui era così, era uno che non si negava a nessuno. E quella era una festa con delle persone che lo adoravano”.

“Lui e Carmine diventarono amici  e continuarono a incontrarsi. Diego partecipò al matrimonio di mio cugino, anche lui Luigi Giuliano, che tutti chiamavano Zecchetella, e poi a feste e comunioni. Io, invece, lo ho incontrato spesso nei locali alla moda che frequentavamo entrambi. Ero un ragazzino anche se a quattordici anni giravo armato e guidavo auto e moto: facevo il gradasso, ma come tutti davanti a Diego mi ammutolivo”.

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