Antonio Corbo scrive su Napoli-Torino e sui mugugni romanisti nel suo editoriale per Repubblica, il Graffio
A Roma ho sentito commenti ironici sulla difesa del Torino rinnovata con troppi giovani. Possibile ridurre il calcio ad un gioco di veleni, illazioni e sospetti? La garanzia di legalità è nella logica. Perché mai il Torino avrebbe dovuto favorire il Napoli? Questo Napoli che gioca con il presidente assente? Dicono che De Laurentiis fosse in chiesa. Io penso per pregare. Altri, più cattivi, riferiscono che era impegnato nella irrinunciabile cerimonia religiosa di un nipote. Battesimo, comunione, cresima? Non si sa, ma non poteva mancare. Quando si dice, l’affetto di un nonno, di uno zio, di amico. Il Napoli d’altro canto sa vincere o arrivare al secondo posto anche senza società. Basta ripensare ai due mercati. Si rileva la sorpresa per un arbitro che cancella un gol in fuorigioco al Torino. Lo stesso D’Amato gli butta fuori un giocatore nelle fasi cruciali. Ma il mio amico Enrico Troisi, attento e inflessibile notaio solo quando non si occupa del Napoli, mi telefona furibondo perché l’arbitro avrebbe tollerato i troppi falli del Torino. Ma il Napoli deve superare ben altri ostacoli.
Stefano De Grandis, romano con lavoro a Milano, punge Ventura perché in una partita così importante ha alleggerito la difesa. Sembra di riascoltare i romanisti che mi hanno avvicinato poche ore prima alla stazione di Roma Termini. Il salotto di Sky mi sembra preoccupato per la Champions. Domandano: come farà il Napoli a reggere? Prima le lodi al gioco di Sarri, poi i dubbi sulla capacità di competere. Non finiscono mai gli esami per il Napoli e Sarri se continua a vincere così, mettendo nell’angolo Roma, Milan, Inter. A Torino, Milano e Roma il piccolo grande Napoli è da applausi solo quando perde. Spiace per Roma, Inter e Milan. Hanno il conforto di eccellenti opinionisti, ma i club sconfitti non valgono il Napoli di Maurizio Sarri.
Oltre la vittoria che può valere la Champions non c’è una domenica, ma un anno da raccontare. A 90 minuti dalla fine il Napoli arriva nello splendore del suo gioco e gli incubi dei suoi squilibri. Corre mica tanto, ma basta per amministrare un Torino impigrito, per nulla ravvivato dai giovani difensori, penalizzato da una formula difensiva irreale: non poteva resistere a Higuain, il Magic 33 del calcio europeo.
Il Torino e le illusioni di Ventura crollano insieme nel primo tempo. Difesa a 5. tre centrocampisti lenti e due punte senza contatti: non è un piano tattico, ma una puerile utopia. Protetto da un arbitro finalmente incontestabile, il Napoli manda in gol Higuain subito dopo aver averne sventato uno, annullato dal pugliese D’Amato. Significativo l’autore dell’assist: Hamsik svagato all’inizio al punto da perdere palla e non reagire, si rianima. Riprende quota con lui la catena di sinistra, che incrocia un pesante Zappacosta. Sull’altro versante Callejon con alle spalle il solido Hysaj ne mette due sotto Gaston Silva e Bruno Peres. L’esemplare Callejon converge anche al centro, dove è puntuale per il raddoppio, girando sempre un assist da sinistra. Il Torino perde palla nella costruzione, è goffamente contratto, non risale perché il 5-3-2 non muove gli esterni Zappacosta e Bruno Peres. Lascia che il Napoli prevalga pur giocando sottoritmo con indisturbato possesso palla e palleggio insistito. Al centro Jorginho non teme Vives, ma va lui a far pressing sul suo dirimpettaio, assistito dal potente Allan. Su tutti svetta Koulibaly, un gigante che prenota un futuro da star. Tutto bene, ma per meno di un’ora.
Un palo di Higuain e la sensazione di giocare contro ombre porta il Napoli a tiri temerari: eccede in preziosismi, Insigne gira al largo inseguendo la sua vanità più che la vittoria, ma il Torino riesce un po’ a sistemarsi. Ventura ritira il remissivo Acquah per lo scorbutico Baselli, chiede più vivacità e campo, primo segnale è il gol di Bruno Peres che beffa Reina, imbolsito e fuori posizione, un disastro che riapre la partita. Sarri sempre troppo riflessivo nei cambi tarda ad arrendersi, aspetta che il Napoli sia oppresso dai ricordi di quei finali di folle autolesionismo, prima di escludere Insigne e Hamsik, uno che alla fantasia ormai preferisce la retorica e il capitano che alla prima buriana ammaina la sua bandiera. Una ripetitività allarmante che non potrà essere trascurata nella costruzione del prossimo Napoli. Lo sostituisce David Lopez ed è un sollievo.
La squadra si aggrappa ai suoi tralicci, Koulibaly ma anche Albiol ed Allan. Non regge l’esausto ma acuto Callejon, il Torino prende di mira Ghoulam con Bruno Peres trasferito a destra, ma Ghoulame impone il carattere in una partita opaca. Non si può correre a mille e fermarsi di colpo. Stavolta però finisce bene, ancora una vittoria ed è secondo posto. Meritato secondo posto. Che il Napoli ha difeso da un Torino temibile solo nel finale. Ma anche da se stesso, da squilibri e struttura poco folta. Può soffrire tanto la squadra di un Fenomeno da 33 gol?