Coronavirus, tutti i test possibili: metodologie e costi

Coronavirus, tutti i test possibili: metodologie e costi

Il presidente dell’Istituto superiore di sanità, Silvio Brusaferro, ha definito quello dei test sierologici “un tormentone che ci accompagna giorno per giorno”. Tale si sta rilevando. Perché non forniscono una ‘patente di immunità’ (ci si possono avvicinare molto) e per le differenze di approccio tra le varie regioni. Come su altri temi, infatti, ogni territorio ha avviato la fase 2 con regole proprie. Siamo divisi.

Pure sui test sierologici che, raccontando la ‘storia’ della malattia, si concentrano sulla risposta immunitaria dell’organismo andando a cercare l’eventuale presenza di anticorpi contro il virus nelle persone testate. Questo significa riuscire a individuare quanti sono entrati davvero in contatto con il Covid-19 (anche fra gli asintomatici) e, di conseguenza, calcolare tasso di mortalità, diffusione geograficae per fasce d’età.

Eppure, ad oggi, su questi test sierologici manca una strategia nazionale. Ci sono decine di test attualmente in commercio, che utilizzano sostanzialmente tre metodologie ma, spiegano gli esperti, non tutti sono ugualmente affidabili. Variano anche i costi. Molte Regioni hanno già provveduto ad acquistare i kit per alcune categorie di lavoratori, in primis gli operatori sanitari.

Via all’indagine su 150mila italiani – Proprio in questi giorni stanno arrivando in molti laboratori selezionati dal ministero della Salute i test seriologici per l’indagine a cui verranno sottoposti i primi 150mila italiani, divisi per sei fasce d’età, presenti nel campione scelto da Istat e Inail. “I cittadini – ha spiegato il commissario per l’emergenza Domenico Arcuri – saranno contattati e verrà chiesto loro di sottoporsi al test nel laboratorio più vicino”. Questo avverrà gratuitamente e il via alle telefonate al campione selezionato è questione di giorni, subito dopo inizieranno i prelievi. È stata la statunitense Abbott a vincere (tra 72 aziende) il bando del commissario Arcuri, decidendo (prima) di offrire gratuitamente i 150mila kit e altri 150 mila a pagamento se la fornitura sarà estesa a scelta del Commissario come è previsto dal bando. Portata a casa la vittoria della gara, i cui retroscena sono stati raccontati dall’inchiesta condotta per tutto il mese di aprile dal Fatto Quotidiano, ha comunicato che entro maggio sarebbero stati pronti altri 4 milioni di test sierologici. Sempre da fornire in Italia a chi fosse interessato, ma a pagamento. Nel frattempo, Arcuri ha anche spiegato che sono stati acquistati altri 5 milioni di tamponi molecolari, da non confondere con i test sierologici da distribuire nei prossimi 2 mesi, che si aggiungeranno a quelli già inviati alle regioni. E se un cittadino vuole sottoporsi al test privatamente? Può farlo sono in alcune regioni, sborsando fino a 50 euro.

Tre metodologie per decine di test – Per quanto riguarda i test, oggi quelli in commercio sostanzialmente seguono tre metodologie. Ci sono i cosiddetti ‘test rapidi’, definiti anche qualitativi. Sono basati sulla immunocromatografia: basta una goccia di sangue e la risposta arriva in una quindicina di minuti, ma con meno precisione. “Poi ci sono i test quantitativi (così definiti perché dosano la quantità di IgM e IgG) per i quali occorre un prelievo di sangue e analisi da laboratorio, ma sono anche più attendibili” sottolinea Pregliasco. I metodi di riferimento per i test sierologici sono due. “La chemiluminescenza (ChLia) – spiega il virologo – e il metodo Elisa”. Nel primo caso quando gli anticorpi si legano alla sostanza riconosciuta estranea dal sistema immunitario, viene emessa una luce rilevata da un sensore. Anche con l’Elisa (Enzyme-linked immunosorbent assay), l’antigene aderisce a una superficie e, quando si lega all’anticorpo, questo viene messo in risalto da un enzima. Questo provoca un cambio di colore.

Il kit della Roche dovrebbe arrivare sul mercato a un prezzo molto concorrenziale e questo potrebbe cambiare gli equilibri. Ma non in tutte le regioni si può eseguire il test privatamente: è possibile rivolgersi ai laboratori privati in Piemonte, Lazio, Veneto, Campania e a breve anche in Lombardia. Non si può fare in Emilia e Toscana. E poi ci sono le aziende che in modo autonomo hanno deciso di fornire i kit ai propri dipendenti, prima di farli rientrare al lavoro. Due i problemi che si pongono per quanto riguarda i test eseguiti privatamente. In primis, quello del prezzo, che esclude una fetta di popolazione. E poi c’è un limite di procedura. Perché se decido di andare in un laboratorio privato e risulto positivo alle IgM o alle IgG (e quindi sono contagioso), ad oggi nessuno può obbligarmi a comunicarlo alla Asl (che non sanno chi è immune), né c’è un protocollo preciso da seguire, magari con la previsione di un tampone che, invece, sarebbe necessario.