Gennaro Gattuso: l’allenatore “terrone” dal cuore tenero

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Gattuso riscopre le sue origini meridionali

Ricordando i versi della canzone “Grande Sud” di Eugenio Bennato, “c’è chi parte contadino ed arriverà terrone”,  si può sintetizzare al massimo la storia di Gennaro Gattuso, detto “Ringhio” duro dal cuore d’oro. Da frenetico e incontrollabile ragazzino, subito innamorato del calcio, che iniziò a giocare con il superflex (pallone spesso bucato da inflessibili portinai per disturbo alla quiete pubblica), a dodici anni ha preso armi e bagagli e se n’è andato nelle giovanili del Perugia dove ha giocato per 5 anni. Subito dopo, col coraggio dell’incoscienza si è trasferito a Glasgow, ingaggiato dai Rangers, per fare ritorno dopo un anno a Salerno. Fu il primo recupero della sua innata propensione per le squadre del Sud, subito svanita col passaggio al Milan dove ha percorso una lunga carriera, durata dodici anni. Una carriera che lo ha consacrato giocatore di grande livello agonistico, trascinatore di compagni e tifosi e mai rassegnato alla sconfitta. Gattuso ha vinto innumerevoli trofei e ha partecipato a tre Mondiali di calcio, compreso quello vincente del 2006, prima di ritirarsi, dopo aver giocato nella squadra svizzera del Sion nel 2012, per intraprendere la carriera di allenatore a cominciare proprio dalla stessa Sion.

Da Milano a Napoli

Dopo essersi fatto le ossa in squadre di seconda fascia, è approdato di nuovo al Milan come allenatore bandiera del Club, fino poi a raggiungere un Napoli devastato dall’esperienza negativa della gestione Ancelotti. Una gestione così devastante da riuscire a mettere una contro l’altra squadra e società. Il suo arrivo, i suoi precedenti ultramilanisti e la fama di allenatore ruspante, come avvenuto all’arrivo di Sarri, hanno creato scetticismo nella tifoseria, suffragato dai primi risultati negativi. Tuttavia, l’impegno, la dedizione, il rispetto verso tutta la rosa, e un animus pugnandi, espresso anche talora con un catenaccio vecchia maniera, hanno fruttato una Coppa Italia insperata e conseguita contro gli odiati rivali bianconeri. Finalmente a suo agio, nelle terre del Sud che non ha mai rinnegato, nelle interviste non ha mai nascosto il suo essere cresciuto in un mondo da sempre difficile che ha temprato il suo carattere rendendolo degno del suo soprannome. Amato dai suoi giocatori che ricambia sinceramente, sta facendo breccia nel cuore dei tifosi che lo hanno adottato “come un terrone” nel senso di legato alla sua terra e non “terrone” come  apostrofato, con tono razzista, dal fisioterapista della Lazio, Alex Maggi. La istintiva reazione di “Ringhio” lo colloca a pieno titolo tra coloro che difendono con orgoglio la propria meridionalità ritenendo il Sud una culla di cultura, intelligenza e impegno civile e non solo terra di zappatori e camorristi!

Maura Montuori