Euro2020 – La UEFA ha deciso la riapertura degli stadi per l’Europeo

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L’intenzione della UEFA è quella di riaprire al pubblico gli stadi per Euro2020. Tra chi è pronto e no, non va dimenticato la sicurezza per la salute dei tifosi.

Si può fare. Non si fa riferimento alla famosa battuta del dott. Frederick Von Frankenstein nel film del 1974 “Frankenstein junior”, ma sono le intenzioni della UEFA di aprire gli stadi per il prossimo Euro2020. Il campionato europeo di calcio era in programma lo scorso anno, ma a causa della situazione epidemiologica per il Covid-19 era stato deciso di rinviarlo nel 2021. Il 60esimo anniversario della nascita di tale torneo ha creato l’opportunità di organizzare il primo campionato itinerante in cui le fasi finali si giocheranno in diverse città europee. Il costante numero dei casi Covid e un lento e problematico processo di vaccinazione stanno mettendo a dura prova la volontà della UEFA, che attraverso comunicato ufficiale ha deciso di voler far ritornare i tifosi allo stadio: “La UEFA è lieta di annunciare che ci sarà un ritorno di spettatori nelle sedi di EURO 2020 e desidera esprimere il proprio apprezzamento alle federazioni affiliate e alle autorità nazionali e locali che stanno collaborando strettamente per garantire il ritorno sicuro degli spettatori allo stadio”. Quasi del tutto naturale si è creato un duplice fronte su chi è pronto e su chi non lo è, si analizza nel dettaglio tale situazione:

Chi è pronto

Il capofila delle città europee pronta alla riapertura è San Pietroburgo, che ha confermato una capienza al 50%. La Russia si sente forte per il suo piano vaccinale che sta registrando un costante aumento di somministrazioni che raggiunge all’incirca 3,8 milioni di persone con il prodotto di casa russa, Sputnik. Lo stesso si può dire per l’Ungheria che ha voluto alzare la posta puntando alla riapertura totale dello stadio con un carico a pieno regime di tifosi. Non va dimenticato che il governo di Victor Orban aveva anticipato il resto dell’Unione Europa, in quanto aveva ignorato i piani della Commissione europea e aveva già cominciato a vaccinare i primi cittadini, presentando a fine marzo una copertura del 27% della popolazione magiara. Per quanto riguarda Baku, ha stabilito che per i tifosi itineranti sarà necessario presentare un test negativo del Covid-19 per poter entrare sia in Azerbaigian e sia allo Stadio Olimpico (sede dalla finale di Europa League 2018-2019). Rispondono all’appello “presente” anche Amsterdam, Bucarest, Copenaghen e Glasgow che hanno confermato la presenza del pubblico su una percentuale che oscilla tra il 25-33%. Infine, l’Inghilterra ha confermato il 25% della capacità minima per le tre partite del girone, l’ottavi di finale, semifinale e finale al Wembley Stadium di Londra. Il Regno Unito è stata una delle nazioni del vecchio continente che ha attuato una campagna vaccinale rapidissima ed efficiente, grazie all’arruolamento di migliaia di volontari maggiorenni, di ogni genere e professione che hanno contribuito alla somministrazione del vaccino.

Chi non è pronto

Il 19 aprile si deciderà se Monaco, Roma, Bilbao e Dublino potranno garantire un piano adeguato per riportare allo stadio i tifosi, qualora non fosse possibile non è esclusa la possibilità di eliminarle come sede delle partite dell’Euro2020. Per quanto riguarda Roma, il governo italiano ha dato la disponibilità di aprire i cancelli dello Stadio Olimpico per la partita inaugurale contro la Turchia del 11 giugno 2021, ma la decisione finale spetta al CTS che deve organizzare e stilare un protocollo che permetterà di poter svolgere in sicurezza i match con la presenza dei paganti (tre gare della fase a gironi, tra cui la partita inaugurale, e un quarto di finale). Un anello debole dell’Italia è proprio il piano vaccinale, a causa di ritardi di dosi e di un’organizzazione non adeguatamente sufficiente. Se lo stesso vale per Monaco di Baviera e Bilbao, non è così per Dublino che ha rinunciato ad ospitare le gare di Euro2020 favorendo l’assegnazione a Manchester.

La differenza tra chi è pronto e chi non è pronto è il risultato del piano vaccinale messo in atto dai paesi. Sicuramente noi tifosi ci auguriamo di tornare presto sugli spalti per esultare dal vivo per un goal segnato, cantare a  l’inno della propria nazione e sentire il boato delle persone, ma quanto vale tutto questo rispetto alla tutela della salute dei tifosi?

Francesco Abate