Veronese: “Combine Rende-Licata? Non è per nulla vero. Siamo uomini prima che calciatori. Sulla società…”

CALCIOSCOMMESSEIl calcio che non ci piace. Quello delle scommesse, dei tentativi di combine, delle tante promesse e zero fatti, dei tentativi di infangare lo sport più bello e seguito al mondo. In un mondo sempre più sporco, dove si pensa più ai soldi che al rettangolo verde, qualcuno che ha ancora dei sani valori c’è ancora. Ricordate quanto successe dopo Rende-Licata, paritita nel Girone I di Serie D giocata lo scorso marzo, e terminata 3 a 0 per i padroni di casa? Trapelò la voce di un tentativo di combine, con i dirigenti del club calabrese che si diceva avessero avvicinato i giocatori della compagine siciliana promettendogli un contratto per la stagione seguente. Tutto vero? No, assolutamente. Il nome dei giocatori e della piazza infangati per una cosa che non corrisponde al vero, ma è lo stesso Licata Calcio ad essersi comportato male, e molto, con i suoi tesserati. EuropaCalcio.it, per fare chiarezza su tutti questi punti interrogativi, ha raggiunto Andrea Veronese, esterno destro all’occorrenza sinistro di belle speranze classe ’92, ex tesserato per il club della provincia di Agrigento. Ecco quanto dichiarato ai nostri microfoni:

Licata, un’esperienza sulla quale c’è molto da dire…

Voglio cominciare dicendo che il calcio in Serie D è andato oramai in rovina. Per quanto riguarda il Licata… noi giocatori parlammo con la società a settembre dello scorso anno, e trovammo un accordo fino a dicembre, a patto che durante quel lasso di tempo ci fosse stato un miglioramento. Eravamo un gruppo di 22-23 ragazzi, accettammo poi di continuare fino a fine stagione, senza vedere un euro, perché ci facemmo un esame di coscienza. Le cose poi in società parvero cambiare, l’ingresso di una nuova cordata ci permise di percepire qualche stipendio, ma poi ecco che arrivarono nuovi problemi: nuova situazione poco chiara, stipendi che di nuovo non arrivavano”.

Ecco che a marzo arriva la sfida contro il Rende, cos’è successo?

“Molti media hanno parlato del presunto tentativo di combine, scrivendo che noi giocatori siamo stati avvicinati da un gruppo di dirigenti dei nostri avversari. Non è vero! La sconfitta per 3 a 0 non è arrivata per questa baggianata della combine, ma perché loro hanno meritato di vincere sul campo! Dopo aver tentato di dimostrare che non era per nulla vero quanto si diceva, abbiamo provato ad andare avanti per la nostra strada, perché una piazza e dei tifosi come quelli del Licata, che ci sono sempre stati vicini, meritavano il nostro impegno sul campo. Dopo questo brutto episodio, a differenza di quanto avrebbero fatto altri giocatori, abbiamo continuato a dare il 100%, ci credevamo, a differenza di tante altre persone. Arrivano poi le sconfitte con Cavese e Savoia”.

Soffermiamoci proprio sulla partita contro i campani. Il risultato fu pirotecnico, 19-5 con De Rosa autore di nove gol, che gli permisero di vincere il titolo di capocannoniere del Girone I. Il Licata giocò con i ragazzi delle giovanili, a causa di “problemi tra società e giocatori della prima squadra”. Cosa sai dirci a riguardo?

Innanzitutto, vorrei dire che il titolo di capocannoniere lo meritava Scarpa del Savoia, e non De Rosa, che si è mostrato molto sleale. Riguardo a quella partita, la verità è che non c’erano soldi per partire per Cava de’ Tirreni. Ci siamo quindi mossi con un azionato popolare, siamo scesi noi giocatori in piazza per chiedere aiuto a commercianti e a chi ne aveva la possibilità, ed anzi ci tengo a ringraziarli. Purtroppo non siamo riusciti a trovare i soldi necessari per partire. Ecco che però la sera sono arrivati all’improvviso questi soldi, non so dove li abbiano trovati. Noi abbiamo deciso di non partire. Sono partiti i ragazzi degli Allievi e della Juniores addirittura a mezzanotte”.

Ma non finisce qui, giusto?

Esatto! Oltre il danno, dopo la beffa. Successivamente è uscito un comunicato, dove la società dava a noi la colpa per non essere partiti, perché non ci siamo presentati. Il Licata con questa dirigenza ha dimostrato di avere sette vite (ride, ndr): prima è nato, poi è morto, poi è rinato. Sempre nella confusione più totale. Abbiamo visto il nostro nome infangato, e questo fa male anche per la piazza, perché licata è una piazza che merita altre categorie, la cornice di pubblico è importante, e tra noi e loro c’era un bel legame”.

La situazione nel calcio italiano dimostra di essere davvero compromessa…

A mio avviso il calcio italiano è definitivamente morto. Le società, in particolar modo in Serie D, sono molto precarie. C’è un giro di soldi non indifferente, ed oramai si è arrivati al punto che dei ragazzi vengono presi in squadra pagando una somma di denaro. I giovani non vengono mai presi in considerazione, e poi ci lamentiamo se si arriva in Nazionale o in Serie A a 28-29 anni. E’ un peccato, perché il nostro Paese ha una tradizione calcistica non indifferente”.

Ora ti ritrovi svincolato. Quali sono le tue intenzioni? Hai già avuto modo di valutare qualche possibile destinazione?

Sì, ho avuto dei pour parler, ma posso dirti che la mia priorità è assolutamente l’estero, dove per i giovani c’è un percorso di crescita molto diverso rispetto a quanto accade in Italia. In Inghilterra, ad esempio, sono seguiti con attenzione già da quando militano nelle giovanili, e così arrivano a 18-20 anni già formati per la prima squadra. Comunque non ho una preferenza, voglio valutare più alternative estere”.

Fonte: EuropaCalcio.it

Fabio Sorrentino

Il Napoli è la mia unica fede

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