Il fenomeno “Ultras” – Le origini, la mentalità ed il rapporto coi “media”

Il fenomeno “Ultras” – La storia del calcio è legata ai tifosi; tutti (o quasi) abbiamo una squadra del cuore ed ogni team, possa esso militare in qualsiasi serie professionistica o dilettantistica, ha un seguito di uomini

 

Con il termine ultra-royaliste, cioè “ultra realista”, in Francia si distingueva quella forza politica preponderante ai tempi della Seconda Restaurazione (1815-1830).
Gli “ultras” erano gli esponenti più radicali dell’estrema destra e ancora oggi, in Francia, questa parola si usa per identificare chi promuove le proprie opinioni con eccessiva durezza di modi.
Si ritiene erroneamente che la parola ultras sia l’equivalente dell’inglese hooligan: quest’ultimo termine, però, indica unicamente i tifosi che si distinguono per un comportamento particolarmente aggressivo e violento dentro e fuori dagli stadi.
Gli ultras, invece, sono in generale tutti quei tifosi che seguono in modo costante la propria squadra del cuore, sono affiliati a un gruppo riconosciuto, o meno, dalla società e seguono le partite solo e soltanto in Curva/settore popolare.

Le origini

Il tifo in Italia è nato con il gioco del calcio ma bisogna arrivare a metà anni 50 perché nascano i primi gruppi organizzati. A Roma e a Torino, sponda granata, i tifosi si riunirono sotto i nomi di “Circoli” e di “Associazioni Tifosi” e occuparono sempre più spazio sui gradoni di uno stadio. Gli uomini in giacca e cravatta vennero sostituiti, in parte, da ragazzini di età inferiore provenienti da ogni zona della città, creando gruppi organizzati per sostenere la loro squadra sia nei match casalinghi che in trasferta. Bandiere, tamburi e fumogeni, per realizzare coreografie, iniziarono ad essere sempre più presenti e caratterizzeranno il “modus operanti” di questi gruppi.

Il movimento più ostico dei tifosi organizzati risale a circa mezzo secolo fa, poiché fece il suo esordio nel periodo subito precedente gli anni 70. Si tratta di un fenomeno che ha origine in Inghilterra, dove nacquero i temuti “hooligans”, e si diffusero rapidamente, sia pure in forme e modi diversi, in quasi tutte quelle nazioni dove il calcio, inteso come spettacolo, assunse una dimensione a carattere globale.

Gli anni di piombo negli stadi italiani

Nel pieno periodo degli “anni di piombo”, tra il 1970 e il 1980, l’Italia si ritrovò in una logica politica assai esasperata che originò tumultuose violenze di piazza, lotte armate ed anche terrorismo. Il tifo, soprattutto quello organizzato, ne risentì moltissimo. Gli scontri tra tifoserie e forze dell’ordine si verificavano con una frequenza spaventosa; trovavano il loro inizio all’esterno dello stadio e, tante volte, il punto di fermo lo si metteva proprio all’interno dell’impianto sportivo. L’Italia calcistica era in mano a tifosi politicanti che si “nascondevano” in gruppi da stadio tant’è che le manifestazioni politiche delle piazze italiane, erano da esempio ai tanti gruppi Ultras, dalle quali iniziavano ad attingere  l’abbigliamento, la simbologia, i cori e le ideologie. Sugli spalti comparivano sempre più bandiere con la stella a cinque punte, la “A” cerchiata simbolo di anarchia, la croce celtica e la falce e martello.

Il movimento “Ultras”

Tra gruppi e associazioni varie, emersero le prime tifoserie “organizzate”. Si narra che, i tifosi della Sampdoria, per “fronteggiare” i genoani, furono i primi a coniare una parola, oggi assai conosciuta nel mondo calcistico : “Uniti Legneremo Tutti i Rossoblù A Sangue”. ULTRAS, un acronimo quindi.

Da quel momento, in Italia nacquero numerosi gruppi “Ultras”. Da Torino a Milano, da Genova a Bologna, da Roma a Napoli fino a Palermo.

Oggi, la curva, o almeno la parte centrale, la “cellula operativa”, è il territorio in cui si ritrovano gli “Ultras”. Una stessa squadra può avere, anzi solitamente ha, una pluralità di gruppi “Ultras” che la sostengono; appartengono a svariati nuclei cittadini di ogni zona o quartiere e si identificano sotto una propria denominazione.

La “mentalità”

La struttura Ultras, senza che ci sia mai stato un atto di formalizzazione e documento che omologhi, è di tipo gerarchica e ognuno conosce il proprio ruolo nel raggruppamento. Il leader è colui che nel tempo ha dimostrato costanza, superato “prove di coraggio e di fedeltà” ai colori della squadra e della fazione. La mentalità ultras è credere nel proprio gruppo, vivere la passione per la propria squadra ogni giorno, condividere idee e avere un’organizzazione per tutto: trasferte, manifestazioni, coreografie. Portare il proprio sostegno ovunque, orgogliosi dei propri colori, “AL DI LA’ DEL RISULTATO“. L’attaccamento alla storia e alla cultura fanno il resto; si vive, si soffre, ci si sacrifica, si sostiene, si “combatte” e si piange per tenere alta la bandiera della propria terra, della propria città e, non ultimo, del proprio ideale.

Il modello italiano nel mondo

Ad oggi il modello “Ultras” e del tifo organizzato è stato esportato in tutto il mondo. Moltissime sono le tifoserie  nate grazie ai movimenti del tifo italiano. Dalla Spagna alla Croazia, dalla Turchia alla Francia, il tifo italiano è stato d’insegnamento e d’ispirazione ai tifosi di tutto il mondo.

Il rapporto tifo-“media”

Questi movimenti di tifo organizzato hanno richiamato più volte “media” per comprovare le organizzazioni facenti parte. Tra documentari, cortometraggi, articoli su riviste, settimanali e quotidiani, lo spazio dato dal cinema al mondo dei supporters è davvero multiforme con vari film come “Cass” (la storia vera di uno dei più importanti leader della tifoseria organizzata del West Ham), “The Football Factory” (la tifoseria è quella del Chelsea e il film si avvicina moltissimo al mondo del tifo inglese e in generale agli Hooligans) fino ad arrivare al must per eccellenza “Hooligans” (Uno studente di giornalismo viene espulso dall’università per colpa del suo compagno di stanza e riesce a fare amicizia con il leader degli hooligans del West Ham United) ed il recentissimo “Ultras” (un giro nel mondo del tifo partenopeo) che ha sollevato non poche polemiche.

 

Antonio De Nigro

 

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